RANDOM – La musica scelta dal PC

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Prendete tutta la musica che avete accumulato negli anni e che spesso non avete neanche ascoltato, travasatela in un hard disk, collegate quest’ultimo al vostro pc ed azionate un qualsivoglia media player selezionando la riproduzione casuale. Resterete positivamente sorpresi. O forse no… dipende da cosa ascoltate.

3-11 PORTER: “The Host” (da Nurse Me)
Ho appena impaginato la recensione di questo cd che poi, tutto sommato, non mi esalta particolarmente. In alcuni brani – volendo – le sonorita’ sono anche piacevoli, ma in altri… bah. In questo, poi… Sono stato sfortunato… Andra’ meglio con il prossimo brano… speriamo!!!

THE POLICE: “Too Much Information” (da Ghost In The Machine)
Mentre guardo dei grafici per eseguire un lavoro, mi suonano familiari le prime battute di questo brano. È ancora di facile ascolto, anche se… cavolo, sono i Police, anche se non nel loro momento migliore. Se non fosse stato per la sequenza casuale dei brani del Media Player, non avrei certamente scelto questo disco… e’ bello ogni tanto essere rispediti indietro, negli anni musicali dell’adolescenza, ma oggi ho bisogno di qualcosa di piu’ forte, almeno di piu’ intenso. Rimpiango le ore trascorse ieri in macchina, quando mi sono sparato un doppio live di John Coltrane.

PAOLINO DALLA PORTA: “Lullaby For Ugo” (da Tales)
Eccola una cosa che amo particolarmente per la sua intensita’: la tromba, o meglio il flicorno, di Kenny Wheeler. Nei primi tre minuti e mezzo disegna linee di grande espressività emotiva su un tappeto ritmico molto libero. Alle volte sento di essere squarciato dentro dal canto di Wheeler, ma non e’ una sensazione negativa, anche perche’ poi ricuce tutto riportandoti in uno stato di pace. L’assolo di Stefano Battaglia e’ altrettanto intenso… e’ bravo lui, molto bravo. E lo sono anche Dalla Porta e Elgart. Tutto il cd e’ bello, ne ho un buon ricordo, anche se non lo sento da molto. Me lo appunto per una prossima recensione.

SCHIANO/LEANDRE/GEREMIA: “Blue Memories, part two” (da Blue Memories)
Mario Schiano… zio Mario, come mi piace ricordarlo. Non ho voglia di tirar fuori adesso sensazioni forti che mi rimandano a lui, non ne ho ancora la forza, ne’ il necessario distacco… non e’ neanche un anno che se ne e’ andato. Proprio mentre inizia l’assolo di Schiano, suona il citofono… e’ il ragazzo che fa le consegne per il pescivendolo sotto casa (a Mario piacerebbe questa digressione ittico-gastronomica). Gli vado incontro per prendere cio’ che Laura ha comprato… non mi va di essere servito… non mi va che questo ragazzo debba salire cinque piani a piedi perche’, per vari motivi, preferiamo ancora non far installare un piccolo ascensore. Rientro e faccio ricominciare il brano dall’inizio. Renato Geremia, che musicista… completo… uno di quelli che andrebbe approfondito e che meriterebbe ben altro risalto. Ma diciamo che con Mario e’ in buona compagnia, in quanto a questo. Al contrabbasso Joelle Leandre… la mia amica Francesca terrebbe le orecchie ben aperte per quanto ama questa musicista. Mentre scrivo sento Mario che emette urla miste a me’tasuoni, come suo solito, e mi viene da (sor)ridere pensando di ridurre queste figure a semplici ‘musicisti’… questi sono ‘artisti’ nel senso piu’ alto del termine… utilizzano i propri stumenti non come fine, ma come mezzo espressivo per descrivere mondi che vanno molto al di la’ della musica. Bello questo passaggio nel quale la Leandre batte l’archetto sulle corde del contrabbasso come se si trattasse di un berimbau… lo trasforma in altro… prima di giungere ad unire lo strofinio sulle corde con il gracchiare di Mario. I suoni si confondono, raggiungono le stesse frequenze… forse Geremia qui batte le mani sul legno del suo piano… emergono, dai tre, voci (strumentali e vocali) di ogni risma. Tredici minuti e ventuno secondi di esperienza intensa, inattesa. Quando avevo ascoltato questo cd l’ultima volta? Non ricordo. Forse dieci anni fa l’ho fatto girare velocemente nel mio lettore senza prestare la giusta attenzione. Cosa mi sono perso…

QUEEN MAB TRIO: “Skirmishes And Sudden Thrusts” (da Thin Air)
La successione sembra voluta… questo brano si sposa benissimo con quello appena ascoltato, anche se qui le donne sono tre, e suonano rispettivamente clarinetti (Lori Freedman), viola (Ig Henneman) e pianoforte (Marilyn Lerner). Si tratta di un buon esempio di mix di scrittura ed improvvisazione e rientra a pieno titolo nell’ambito dell’avanguardia olandese di cui fa parte la Henneman.

BILL EVANS TRIO: “My Man’s Gone Now” (da Sunday At The Village Vanguard)
Eccole, le mitiche Village Vanguard Sessions del trio di Bill Evans. Si tratta di una tra le prime cose in assoluto che ho ascoltato di ambito jazzistico, grazie al mio amico Emilio che mi presto’, circa vent’anni fa, un doppio lp. Nell’eseguire la composizione di Gershwin, Evans risulta particolarmente lirico, immergendosi completamente nel canto di disperazione di Bess che piange il suo Porgy. Il supporto che Evans riceve da Scott LaFaro e Paul Motian e’ memorabile e – insieme al resto delle registrazioni al Vanguard – costituisce un modello per esprimere il concetto musicale di interplay. Bellissimo l’assolo di LaFaro, mentre Evans ricama in sottofondo e Motian compie il suo encomiabile lavoro alle spazzole. Devo riprendere ad ascoltare queste registrazioni e verificare degli aspetti di Evans che affrontai qualche anno fa con Enrico.

FLEETWOOD MAC: “Dreams” (da Rumours)
Sobbalzo all’ascolto delle prime note di questo pezzo, la vera hit di un disco che Mick Fleetwood e compagni sfornarono nel 1977 e che risulta aver venduto ad oggi circa diciannove milioni di copie, terzo tra i dischi uscito negli anni Settanta dopo The Wall dei Pink Floyd e Led Zeppelin IV. Ritorno a quando avevo sedici anni. Il doppio Live del gruppo lo registrai su cassetta dal vinile di mio fratello Massimo, e già allora la voce di Stevie Nicks mi emozionava, così sensualmente rauca. Un brano dalla melodia semplice, ma bellissima.

RALPH TOWNER: “Train of Thought” (da Solo Concert)
Una chitarra che suona come un’orchestra, quella di Ralph Towner, un altro che gioca utilizzando il suo strumento anche come percussione (o ancora come cassa armonica per amplificare il rumore dei pacchetti di fiammiferi infilati tra le corde). Ascoltarlo dal vivo e’ uno spettacolo… e che dire di come suona il piano? L’avevo conosciuto attraverso i dischi del gruppo Oregon – Crossing ed Ecotopia, mi pare – e gia’ li’ rivestiva un ruolo fondamentale. Ma e’ nella performance solistica che dà il meglio di se’. Un musicista completo che ha una vena compositiva straordinaria. Aggiungere altro equivarrebbe a togliere.

DAVE DOUGLAS: “Lethe” (da Sanctuary)
Douglas e’ un altro musicista che meriterebbe un trattato, anche solo per la maniera con la quale si e’ imposto negli ultimi quindici anni. In questo brano, registrato nel 1996 ed inserito in un doppio cd, Douglas sembra rendere omaggio a quel periodo elettrico post-davisiano che si impose nei primi anni Settanta. Troppo importante per essere trattato velocemente in poche righe.

KURT ELLING: “And We Will Fly” (da Nightmoves)
Questo brano rispecchia in pieno il valore dell’intero ultimo cd di Elling: e’ veramente brutto. Una registrazione, questa, che si poteva tranquillamente evitare, anche perche’ Elling – cantante straordinario che adoro e che seguo sin dalla sua prima uscita del 1994 – qui non mostra nulla di buono di quello che lo aveva imposto all’attenzione di pubblico e critica negli anni passati. Se l’uragano vocale e’ sparito, non si dà qui spazio neanche al suo aspetto autenticamente lirico, se non fosse per una pregevole rilettura di “Body and Soul”. Fortunatamente l’ho acquistato con un economico download da circa un dollaro e mezzo.

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