Fine della corsa. “Dissociation”, nuovo sesto album dei Dillinger Escape Plan sarà anche l’ultimo della band statunitense. Nel 2017 il gruppo saluterà tutti con un tour finale che approderà in Europa, Stati Uniti e Australia. È una news insieme buona e cattiva. Buona perché Ben Weinman e soci ci lasciano con un atto testamentario degno della loro creatività, bravura e reputazione. Cattiva perché la loro sfacciataggine e carica eversiva (paradigmatica specie dal vivo) lascerà un vuoto quasi incolmabile insieme alla loro lezione. Elaborando in modo pirotecnico il DNA del suono estremo,“Dissociation” offre ricombinazioni genetiche talmente anomale da sfidare, in molti casi, le leggi della sua stessa natura. Così strappi e variazioni impazzite fanno dell’iniziale Limerent Death un devastante ordigno prog-noise-hardcore. Le roventi corde vocali di Greg Puciato sputano fiotti di sangue e rabbia, gettando nell’olio bollente della stessa padella pezzi avariati di Unsane e Today Is The Day. Malefica e suadente, Symptom Of Terminal Illness nasconde nella sua spina dorsale il crossover rinascimentale dei Faith No More e la cupezza dei Soundgarden più lisergici.
Metabolismi contrapposti che evidenziano ancora una volta il favoloso bagaglio tecnico di un gruppo che può davvero tutto, condotto all’assalto da un chitarrista e da un vocalist infallibilmente duttili e carismatici. Sorprese, soluzioni e tattiche miste insistono nel restante programma dell’album, sperimentalmente efficace e diretto, anche se dal vivo molti dettagli vanno ferocemente a farsi benedire. Lividi e contusioni a parte, Wanting Not So Much To As To è una scatola cinese imbottita di antrace mentre la strumentale Fugue allestisce una stanza di luci e specchi technoidi. Low Feels Blvd. ti fa pensare a dei King Crimson in quarantena, contagiati da un letale virus death-fusion. Surrogate e Honeysucle sono per lo più i Black Flag che giocano a fare Frank Zappa su spartiti jazzcore mentre Nothing To Forget è un gotico tunnel della paranoia e del terrore che offre illusorie uscite di sicurezza nel fiabesco camerismo degli archi, decisivi quanto gli effetti elettronici nell’avvolgere la fenomenale prova vocale di Puciato in Dissociation, semi ballad postmoderna che accompagna ai finali titoli di coda un’avventura musicale durata lo spazio di vent’anni, oltraggiosa e coraggiosa come poche altre del suo genere.
Voto: 8/10
Genere: Experimental Rock / Mathcore / Jazzcore / Industrial-Noise
Musicisti:
Greg Puciato – vocals
Ben Weinman – lead guitar
Kevin Antreassian – rhythm guitar
Liam Wilson – bass
Billy Rymer – drums, percussion
Jennifer Devore – cello
Andrew Digrius – trumpet
Fung Chern Hwei – viola, violin
Amanda Lo – violin
Earl Maneein – violin, viola
Zach Hill – drums #11
Brani:
01. Limerent Death
02. Symptom Of Terminal Illness
03. Wanting Not So Much To As To
04. Fugue
05. Low Feels Blvd.
06. Surrogate
07. Honeysuckle
08. Manufacturing Discontent
09. Apologies Not Included
10. Nothing To Forget
11. Dissociation
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