Jasmine

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Uno degli aspetti positivi della “globalizzazione” sembra essere focalizzato in campo musicale, dove la “fusion” intesa in senso lato – capita sempre piu’ spesso di notarlo e di annotarlo – e’ appannaggio di quei musicisti che hanno abbracciato il linguaggio del jazz incrociando sempre di piu’ le proprie radici ed estrazioni culturali piu’ variegate con la nostra cultura nord-occidentale; anzi, molto spesso, l’operazione e’ tanto meglio riuscita quanto piu’ la cultura degli artisti e’ divergente dalla nostra.


È proprio il caso di questo Jasmine, dove le origini tunisine del pianista e compositore Wajdi Cherif non impediscono alla sua espressivita’ di rimanere perfettamente sintonizzata con i “nostri” canoni interpretativi “occidentali”, integrando perfettamente con le nostre aspettative le frasi musicali inusuali o atipiche – per noi – dal sapore forte e speziato delle “mille e una notte”.


Non a caso si definisce come un ponte tra due mondi.


La musica di Wajdi, pur essendo stata, se non condizionata, di certo fortemente indirizzata dalla sua ammirazione per giganti del jazz occidentale come Chick Corea ed Archie Sheep, e di origine orientale quali Ahmad Jamal, assolutamente non rinnega ne’ nasconde, e tantomeno snobba, le sue origini.   Anzi, a cominciare dal titolo e dalla grafica di copertina del Cd, Wajdi le mette molto bene in evidenza – quasi le ostenta – anche con l’inusuale ricorso all’oud, strumento tradizionale arabo – una sorta di liuto risalente all’antico Egitto – da cui, nei secoli, si e’ evoluto anche il nostro mandolino.


È grazie ad una continua alternanza di stili – una sorta di dissolvenza incrociata – che i ricami musicali arabeggianti, mantenendo intatta la propria identita’, si integrano con sorprendente disinvoltura e raffinata sensibilita’ con i tessuti jazz intesi alla maniera occidentale, scivolando sinuosamente tra ritmi orientali, bossa e cool-jazz, come un serpente segue il gesto del suo incantatore ed il suono del suo piffero in una sorta di sinergica alleanza e nel reciproco equilibrato rispetto, senza catastrofici tentativi di sopraffazione.


L’impronta marcatamente multietnica, che caratterizza tutta l’operazione, e’ fortemente agevolata dal contributo del sax tenore e soprano e dal flauto di David Sauzay, di scuola francese sia in senso didattico che in senso jazzistico, dal contrabbasso di Yoni Zelnik, israeliano di Haifa ma anch’egli di scuola jazzistica francese e dal summenzionato “oud” del tunisino Hamdi Makhlouf oltre che dalla guida ritmica del francese Mourad Benhammou.


L’ascolto di questo Cd mette di buon umore e lascia soddisfatti per l’ariosita’ e per l’ampia spazialita’ e brillantezza delle composizioni, che si sono peraltro distinte in diverse competizioni sia di matrice afro-asiatica che di respiro internazionale.



Una breve riflessione potrebbe essere riservata al singolare ricorso storico nel quale, la cultura Africana, forzosamente esportata in America con la schiavitu’, ha dato luogo al blues, padre di quel Jazz che ora, dopo aver girato il mondo ed essersi evoluto per oltre un secolo nelle forme e con le contaminazioni piu’ disparate, torna in (nord)Africa e si integra piacevolmente con le sonorita’ afro-arabe di Wajdi Cherif e della sua Jasmine…

Musicisti:


Wajdi Cherif, piano eamp; composition


Mourad Benhammou, drums


David Sauzay, tenor eamp; soprano sax, flute


Yoni Zelnik, double bass


Hamdi Makhlouf, oud

Brani:


01. Pochade


02. Jasmine


03. Falaises


04. Say Something


05. Geranium Blues 


06. Saliha Tribute


07. Marseille


08. Phrygian Tounsi

Links:


www.wajdicherif.com


www.wechrecords.com

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