Le antiche librerie storiche di Napoli continuano a scomparire, portandosi via intere fette del patrimonio culturale partenopeo?
E i cittadini napoletani reagiscono con un’originale iniziativa, creando nel cuore del Vomero iocisto, un’innovativa libreria ad “azionariato popolare”!
In concomitanza con la “notte bianca 3.0” nelle piazze del Vomero si tengono iniziative e concerti jazz?
E iocisto prontamente risponde, organizzando un evento culturale sul jazz di oggi e di ieri a Napoli. Al centro il libro Il jazz a Napoli, dal dopoguerra agli anni sessanta, di Diego Librando, edito da Guida, premio Indro Montanelli 2005 (leggi recensione). Il saggio, unico forse nel suo genere, a dispetto degli anni trascorsi dalla sua prima pubblicazione, resta, infatti, un punto di riferimento insostituibile, interessante e coinvolgente, comunque capace di stimolare dibattiti accesi e riflessioni profonde sulle vicende che accompagnarono l’evoluzione jazzistica di quegli anni a Napoli.
Ripercorrendo le vicende della musica e dei musicisti nella Napoli che, a fatica, usciva dal fascismo, epoca in cui questo genere musicale era vietato, e dalla grande guerra che, assieme a tutti i suoi mali, aveva portato a Napoli i militari Americani e la loro musica, il libro stimola raffronti tra le realtà dell’epoca e quelle odierne.
Grazie alla presenza, fortemente cercata da Giuseppe De Lollis, di alcuni tra i più grandi rappresentanti del panorama musicale dell’epoca – una graditissima “rimpatriata” tra Gerardo Gargiulo, trombonista nelle storiche orchestre di Renzo Arbore, il batterista Ermanno Rotoli, il contrabbassista Bruno Della Moglie, la grande cantante Gloria Christian – la serata, moderata dal critico musicale e storico del jazz professor Pietro Mazzone, ha superato i confini della mera presentazione, trasformandosi in un approfondito dibattito culturale.
Prendendo avvio dal racconto del Circolo Napoletano del Jazz, che nell’immediato dopoguerra si prefiggeva di promuovere lo sviluppo del jazz a Napoli, e della carriera di Lucio Reale, talento indiscusso del panorama pianistico partenopeo di quegli anni, riconosciuto anche da Romano Mussolini come “uno dei migliori”, il discorso ha spostato l’attenzione sullo stato dell’arte del jazz a Napoli ai giorni nostri, grazie anche alla presenza e al contributo dei pianisti jazz contemporanei Vincenzo Danise e Lorenzo Hengeller, dell’avvocato Paolo Pannella, fondatore della Tribunal Mist Jazz Band, di Vincenzo De Falco, patron del New Around Midnight di Napoli, e di Peppe Reale, direttore artistico del Music Art di Napoli.
Per le solite irrimediabili carenze economiche, il Circolo Napoletano del Jazz, dopo aver caparbiamente contribuito alla promozione culturale del jazz a Napoli, chiuse i battenti e Lucio Reale, a dispetto della sua bravura e del suo talento, emigrò in Svizzera e di lui si persero le tracce. Ad oggi, complice la quasi assoluta mancanza di documenti, la figura di Lucio Reale si ricorda a stento. Ma, grazie a una chicca scovata nelle Teche Rai, è stato possibile assistere a due brevi filmati dell’epoca, proposti dallo scrittore e giornalista Diego Librando, autore del libro, in cui dei giovani Lucio Reale al piano, Franco Cerri alla chitarra, Giorgio Azzolini al contrabbasso e Franco Mondini alla batteria accompagnano un altrettanto giovane ma già affermatissimo Stephane Grappelli al violino.