Spirit

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Regressione, isolamento e alienazione, nonostante un perpetuo stato di “connessione”. Per oltre tre decadi i Depeche Mode hanno rimodellato un marchio di fabbrica, il loro, che con “Spirit” sposa l’impegno e un acido cinismo. Di messaggi “politici” e slogan generazionali la loro discografia è ben attrezzata sin dai tempi di “Construction Time Again” (1983). Ovviamente la loro qualità e credibilità è figlia della retorica “pop”, quella che svolge bene il suo compito solo se arriva a scuotere le coscienze e le masse in modo blando ma immediato. Nel nuovo album tali cliché trovano la loro gloria nei testi a sfondo sociale che accompagnano Going Backwards, Where’s The Revolution, The Worst Crime, Scum, Cover Me e Fail. Giudizi diretti o metaforici su una società “instagram” allo sbando, su un pianeta dove abusi, conflitti e diritti violati cozzano con il decantato avvento delle prossime intelligenze artificiali.

Niente di male in tutto ciò, anche perché al quattordicesimo disco in studio il gruppo britannico riemerge con classe ed energia dall’impasse sonoro ed espressivo in cui s’era cacciato con il precedente “Delta Machine”. Il connubio tra rock, elettronica e avant-pop sembra giunto a maturazione definitiva, con un Dave Gahan ancor più incisivo sia sul piano vocale che su quello compositivo. Al lato opposto, dentro Eternal Martin Gore trova il consueto spazio per esprimere in chiave blues e dark-soul la struggenza sentimentale che lo contraddistingue, caricando, viceversa nella conclusiva Fail un potente distillato di rimprovero e rassegnazione. Il nuovo produttore James Ford (subentrato allo storico Ben Hillier che aveva caratterizzato l’ultima trilogia) rifà il lifting ad un suono che corre crudo e affilato, solido nei ritmi (grazie alla centralità acquisita dalla batteria più che mai rock di Christian Eigner) e pulsante nei beat più gravi, mentre tastiere ed effetti digitali (appannaggio di Andy Fletcher e Peter Gordeno) accendono sfumature super-techno e disco-wave in ottima simbiosi con le linee e gli arpeggi della chitarra elettrica.

Tutto sembra ridotto all’osso, privo di fronzoli (vedi anche le austere scenografie che accompagnano il già avviato “Global Spirit Tour”). Il lessico synth-pop e quello elettro-rock si accavallano (Going Backwards, Scum, You Move, So Much Love), un velato rumorismo “industrial” (Poison Heart) dà finanche accoglienza a cadenze kraute e robotiche (Cover Me, Poorman) , interludi “ambient” e cupi clangori ammantati di decadenza (The Worst Crime, No More). Il singolo di lancio Where’s The Revolution è però un anthem sbiadito, niente a che vedere con le perle e i classici del passato. Quello dell’album è lo spirito dei tempi correnti, dove ogni novità, tendenza e ideologia dura quanto la vita di una farfalla ma può anche sortire l’effetto del suo battito d’ali da un capo all’altro del mondo. Quello di un fenomenale uragano mediatico che da trentasette anni i Depeche Mode scatenano e gestiscono con meritato successo.

 

Voto: 7/10

Genere: Electronic / Synth Pop-Rock

 

 

Musicisti:

Dave Gahan – lead vocals

Martin Gore – guitars, keyboards, synthesizers, backing vocals, lead vocals #7, #12

Andy Fletcher – keyboards, synthesizers, backing vocals

Peter Gordeno – keyboards

Christian Eigner – drums

James Ford – production, mixing, drums, pedal steel guitar #6

Matrixxman – programming

Kurt Uenala – programming

 

 

Brani:

01. Going Backwards

02. Where’s The Revolution

03. The Worst Crime

04. Scum

05. You Move

06. Cover Me

07. Eternal

08. Poison Heart

09. So Much Love

10. Poorman

11. No More (This Is The Last Time)

12. Fail

 

 

Links:

Depeche Mode