Five For John

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Per i suoi cinquant’anni Dado Moroni ha pensato di farsi un regalo registrando nella sua Genova con una squadra di validi amici e stretti collaboratori. Eppure sembrerebbe che Moroni il regalo l’abbia fatto a noi, perché “Five For John” è un signor disco, e non servono tante parole per capirlo; basta ascoltarlo da cima a fondo, anche solo una volta, possibilmente a volume sostenuto. L’energia, la passione e la perizia tecnica elargite da questo quintetto sono letteralmente da capogiro e vanno a braccetto con concetti e doti basilari in campo jazzistico quali interplay, fantasia, personalità ed esperienza, ma anche ritmo, armonia, improvvisazione, e gusto nell’arrangiamento.

 

“Five For John” è anche, ovviamente, un omaggio a John Coltrane, ma di tipo singolare, poiché entra nell’opera e nella lezione del gigante di Hamlet (con titoli quali Naima e Mr. P.C da “Giant Steps” e After The Rain tratto da “Impressions”) abbracciandone anche il lascito rivoluzionario fatto poi esplodere in altre forme e direzioni da coloro hanno avuto la ventura di abbeverarsi direttamente presso la sorgente, in questo specifico caso McCoy Tyner (ripreso con Latino Suite e Contemplation) ed Elvis Jones (riletto attraverso E.J.’s Blues). La splendida prestazione dei partner statunitensi (il vibrafonista Joe Locke e il batterista Alvin Queen, che molto hanno contribuito all’ascesa del pianista ligure durante la sua decennale permanenza in quel di New York) si fonde qui con le brillanti e poliedriche voci strumentali del sassofonista Max Ionata e del contrabbassista Marco Panascia, anch’essi giustamente acclamati e visibili all’estero nonché collaboratori di lungo corso del leader. Con essi Moroni ha modo d’esprimere un pianismo tecnicamente superbo, tonico e preciso, articolato e fulminante ma al tempo dovuto anche serico, elegante e sentimentale.

 

In Sister Something, arioso brano originale d’apertura, Moroni si allinea al gusto coltraniano evidenziandone però la sua spiccata poliritmia e d’altronde l’innesto del vibrafono gioca qui, come in quasi tutto il repertorio dell’album, un ruolo vincente e decisivo, sia perché allarga lo spettro atmosferico e melodico del discorso sonoro sia perché intensifica, spalleggia e sorregge una fitta trama percussiva e contrappuntistica a cui partecipano attivamente piano, contrabbasso e batteria. Allorchè Max Ionata siede in panchina, sono proprio questi quattro strumenti che prendono la scena e forniscono una carica frizzante e travolgente a But Not For Me (G. Gershwin), E.J.’s Blues , Mr. P.C., Latino Suite (che da sola varrebbe tutto il disco), Contemplation e al blues in chiave modale di Uncle Bubble, arcinota composizione che Gary Bartz (altro autorevole seguace ed interprete del verbo coltraniano) scrisse e presentò inizialmente nel 1984 in “Dimension” di McCoy Tyner. Che poi Moroni rilegga Coltrane usando principalmente Tyner come filtro lo si evince anche dall’impianto dinamico e stilisticamente sincretico di Mr. Fournier, altro pregevole brano originale che suggella il finale di un album esemplare e nel suo genere irresistibile.

 

Voto: 8/10

Genere: Modern Jazz

 

 

Musicisti:

Dado Moroni – piano
Max Ionata – tenor sax
Joe Locke – vibraphone
Marco Panascia – double bass
Alvin Queen – drums

 

 

Brani:

01. Sister Something
02. Naima
03. But Not For Me
04. After The Rain
05. E.J.’s Blues
06. Latino Suite
07. Contemplation
08. Uncle Bubba
09. Theme For Ernie
10. Mr.P.C.
11. Mr.Fournier

 

 

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