Tricatiempo

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Creatura polimorfica ed esteticamente duttile, i Tricatiempo sono un fiore all’occhiello della giovane scena musicale partenopea e nazionale, originali sperimentatori e portavoci di un verbo sonoro che nell’ultima dozzina d’anni ha purtroppo faticato non poco per far breccia tra il pubblico e guadagnarsi la meritata attenzione della critica specializzata. L’ostinazione del suo versatile leader, il batterista e compositore casertano Stefano Costanzo, unita alla genialità del chitarrista napoletano Marcello Giannini (insieme anche protagonisti di un’altra bellissima storia musicale partita da Napoli alla conquista del mondo, vale a dire gli Slivovitz) e all’affascinante tecnica del vibrafonista milanese Marco Pezzenati (a tempo pieno in forza all’orchestra del San Carlo di Napoli), trovano adesso (e finalmente) visibilità e spazio in questo omonimo album di debutto in studio sponsorizzato dalla sempre benemerita Auand di Marco Valente.

 

Un disco basato su un repetorio di brani originali (tutti firmati da Costanzo, ad eccezione di Orchidea, autografato da Pezzenati) che nonostante abbia già diverse primavere alle proprie spalle esibisce e conserva una spettacolare freschezza e attualità per mezzo di fantasiose rimanipolazioni e indovinate soluzioni come, ad esempio, quella di inserire ed ospitare in ben tre titoli la visionaria ed efficace cifra trombettistica di Luca Aquino. Il discorso offerto e sviluppato da “Tricatiempo” investe con successo e coraggio diversi piani espressivi e stilistici, che a loro volta sollecitano in ogni singolo brano svariate prassi e convenzioni esecutive. L’arsenale strumentale impiegato (chitarra e basso elettrici, tromba, elettronica, tastiere, vibrafono e batteria) consente, infatti, alla formazione di passare agilmente dalla libera improvvisazione di marca jazzistica a quella di tradizione psycho-progressive, passando per evoluzioni post-rock di scuola chicagoana, sospese atmosfere “ambient” e cosmiche cavalcate kraut-space. Al di là di queste suggestioni e lezioni, la proposta di Stefano Costanzo e soci trova la sua più originale e felice manifestazione in un concetto del suono “espanso e dilatato” che sembra volere applicare e ricalcare in tali esercizi ed esperimenti l’uso immaginifico del colore e del tempo tanto caro ad un personaggio quale Morton Feldman.

 

Tenendo profondamente fede anche all’etimologia dialettale del termine “tricatiempo” (laddove “tricare il tempo” in napoletano arcaico vuol dire “avere la calma per saper aspettare che le cose prendano la forma esatta”) la band di Stefano Costanzo scolpisce forme e delinea strutture in un labirintico e flemmatico gioco di vuoti e pieni, suoni e silenzi, un processo di lenta accumulazione, sottrazione e trasformazione che insiste su basi armonico-ritmiche serrate e reiterate, un “modus operandi” che potrebbe benissimo estendere o comprimere ogni singola traccia (e al suo interno ogni singolo dialogo, passaggio collettivo o invenzione individuale) “ad libitum”, facendosi beffe delle restrizioni o “doxa” temporali che spesso condizionano la percezione musicale e mentale dell’ascoltatore.

 

A beneficio di quest’ultimo restano, tuttavia, composizioni dalla sostanza cangiante e iridescente, sia quando la grana e la sostanza sonora tendono ad avvitarsi intorno alle ruvide schermaglie chitarristiche di Giannini e alle accese propulsioni ritmiche generate dalla batteria di Costanzo e dal basso elettrico di Daniele Sorrentino (come nel caso specifico di Timanfaya, Drakeiana o nell’ultima parte di Aiôn) sia quando salgono in primo piano i ricercati e articolati intrecci di vibrafono, percussioni e batteria. Chi ama gente e modelli quali Tortoise, Jon Hassell, Claudia Quintet, Stereolab oppure i vari progetti di Rob Mazurek o Jason Adasiewciz (e stiamo parlando delle cose più eccitanti accadute e sentite negli ultimi ven’tanni) non faticherà a entusiasmarsi all’ascolto di tracce melodicamente intriganti seppur formalmente sofisticati quali Candelaria, Duende, Orchidea e Noumeno. Tanto più se avrà l’accortezza di gustarsi dal vivo questo repertorio attualmente proposto e rielaborato da Stefano Costanzo in un format alternativo totalmente acustico che vede interagire insieme percussioni, sassofono, violoncello, vibrafono e contrabbasso.

 

 

Voto: 8/10

Genere: Avant Jazz / Post Rock / Contemporary

 

 

Musicisti:

Marcello Giannini – guitar

Marco Pezzenati – vibes

Daniele Sorrentino – bass

Stefabo Costanzo – drums, keyboards

Luca Aquino – trumpet, live electronics  on tracks 1, 6, 8

 

 

Brani:

01. Timanfaya

02. Candelaria

03. Aiôn

04. Noumeno

05. Orchidea

06. Duende

07. Drakeiana

08. Timanfaya (outro)

 

 

Links:

Stefano Costanzo

Auand Records