“Mutilator Defeated At Last” è il nuovo telegramma di divertente follia e burina anarchia spedito da John Dwyer e dai suoi Thee Oh Sees. Giunto in un baleno al quattordicesimo album, il progetto del più truzzo cavernicolo della Bay Area sa ancora come rendere piccante e appetitosa una ricetta, quella del garage-punk-rock, che a dirla rivoluzionaria e originale sa di presa per il culo. Tatuato peggio di Henry Rollins e più triviale di John Lydon e Angus Young messi insieme, Dwyer è in realtà un clown-alchimista della chitarra elettrica e un genio invertito nella difficile arte di scrivere canzoni. Per farlo gli bastano un pedale fuzz, due o tre riff, un ritmo pestato a dovere e qualche verso nonsense. Se poi si prende la libertà di mischiare generi e influenze, il risultato diventa ancora più incredibile e travolgente.
Creato in studio con vecchi sodali e la collaborazione del fido Chris Woodhouse, il materiale di “Mutilator Defeated At Last” viene adesso proposto in tour con due nuovi e altrettanto validi acquisti, i batteristi Ryan Moutinho (Meatdbodies, Mikal Cronin) e Dan Rincon. Al basso resta però Tim Helmann, l’asso nella manica di questo album, artefice di linee gravi incisive e pulsanti, percepibili sin nel bellissimo titolo d’apertura, Web, eccelso manufatto di devianza garage-pop e post-punk, segnato dal falsetto luciferino di Dwyer e da un motorik plumbeo e ipnotico scosso da una coda elettrica assassina. La successiva Withered Hand esce dal tunnel di lenti miasmi analogici e scatena un tornado di fuzz ed effetti sintetici lanciati a velocità supersonica. Poor Queen e la trascinante Rogue Planet ricalcano il canonico ma sempre irresistibile codice garage-punk mentre le sfumature “glam”, il cantato e l’euforia “teen-thrash” della febbricitante Turned Out Light ricordano molto i primi Redd Kross.
Con queste tracce siamo già oltre la media del genere, però, incredibile a dirsi, Dwyer sfodera dal suo cilindro magico la voce malata e gli assoli elettrici che piovono a cascata nella psichedelia acida e ipersatura di Lupine Ossuary. Il lato gentile e visionario della sua scrittura appare invece negli agili fraseggi acustici e nelle onde-frequenze modulari della strumentale Holy Smoke, mentre nella favolosa e languida Sticky Hulks si materializzano d’incanto lisergiche e mesmeriche linee d’organo à la Iron Butterfly. Sopra e intorno effetti tridimensionali inquietanti e regali, con lampi e squarci chitarristici dilatati, dall’intenso aroma Quicksilver-Grateful Dead. Flessuosa, spigolosa e altrettanto onirica, Palace Doctor chiude il programma come meglio non si potrebbe. Con dischi e musicisti di questa specie il rock resta sano e salvo, anzi scoppia di salute.
Voto: 8/10
Genere: Garage-Punk / Psych-Noise / Alternative Rock
Musicisti:
John Dwyer – vocals, guitars, synth, mellotron
Tim Hellman – bass
Nick Murray – drums
Chris Woodhouse – synth, mellotron, percussion
Brigid Dawson – backing vocals
Brani:
01. Web
02. Withered Hand
03. Poor Queen
04. Turned Out Light
05. Lupine Ossuary
06. Sticky Hulks
07. Holy Smoke
08. Rogue Planet
09. Palace Doctor
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