Receivers

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Salita alla ribalta con l’ottimo Mapmaker dello scorso anno, la commistione di noise-post hardcore, power electronics e melodie pop dei Parts And Labor si aggiorna ed espande ulteriormente con Receivers, quarto nuovo album della band di Brooklyn. Un disco che potrei definire di “transizione”, coraggioso e spregiudicato come l’indole che contraddistingue il gruppo (nel frattempo riorganizzatosi nei ruoli e ampliatosi a quartetto con l’inserimento della chitarrista Sarah Lipstate), ma che in svariati punti vacilla, si disperde e non sale di giri. La caratteristica generale piu’ evidente e’, infatti, un marcato slittamento della scrittura su fronti solennemente pop oppure su versanti attinenti alla “rock opera”. In pratica l’energia, la compatta irruenza e la cacofonica bizzarria dei lavori precedenti sono adesso abbassate di tono, sormontate da un articolato gusto melodico e da fragranze estetiche di vario tipo che grazie alle consuete manipolazioni elettroniche e a una ritmica incalzante ascendono spesso perpendicolari “power rock”, donando alle composizioni e alle parti vocali un caleidoscopico clima d’infinita grandiosita’. Da sottolineare anche il “democratico” invito di collaborazione rivolto ai fan per fornire (via rete) la massa di suoni e rumori che la band ha successivamente selezionato e innestato nei brani con un meticoloso lavoro di produzione, campionamento e missaggio, il che spiega forse il titolo finale scelto per l’opera. Da quanto finora detto si potrebbe pensare che Receivers sia un disco sotto la media e alquanto deludente, cosa affatto lontana dalla realta’, perche’ i Parts And Labor sono dei musicisti ambiziosi, dotati e fuori dagli schemi, che pur avendo confezionato otto brani tra i piu’ diretti e accessibili della loro produzione nondimeno sanno gratificare l’ascoltatore “indie” piu’ intransigente con architetture ardite, effetti stralunati e vigorosi “crescendo” strumentali imperniati su anthemiche armonie vocali power punk-rock che sembrano richiamare sia i No Means No che i Therapy? post Troublegum, come nel caso di Satellites e Nowhere Nigh, dove la propulsione in levare della batteria sostiene un muro del suono “elettro-digital rock” levigato e saturo al tempo stesso. Attraversata da un effetto che ricalca quello del theremin Mount Misery si fa invece notare come una ballata pop-rock acidula e lisergica che anche nel canto ricorda un pò lo stile elegiaco degli Eels, mentre Little Ones sposa cornamuse celtiche a epiche country-western. Fin qui tutto bene, poi Dan Friel e soci iniziano a esagerare, a gonfiare gli arrangiamenti, proponendo un trittico imbarazzante che va dalle pompose atmosfere di The Ceasing No all’arena pop-rock di Wedding In A Wasteland (dove tornano a furoreggiare le cornamuse) e Prefix Free. Per fortuna l’album termina in modo consono alla reputazione del gruppo con il rock piu’ spigoloso, squadrato e ascensionale di Solemn Show World, quasi un monito che ci rammenta come i Parts And Labor (nel bene e nel male) cerchino di non somigliare mai a se stessi ne’ a nessun altro .


 




Voto: 7/10


Genere: Indie Rock / Power Pop Eclectronics


 


 




Musicisti:


Dan Friel – vocals, electronics


BJ Warshaw – vocals, bass, electronics, sax


Sarah Lipstate – guitar, electronics, tapes


Joseph Wong – drums, percussions


 



Guests:


 



Faythe Levine – saw


Matthew Welch – bagpipes


Ray Chi – cello


 


 




Brani:


01. Satellites


02. Nowheres Nigh


03. Mount Misery


04  Little Ones


05. The Ceasing Ones


06. Wedding In A Wasteland


07. Prefix Free


08. Solemn Show World


 




Links:


Parts And Labor: www.partsandlabor.net


Jagjaguwar Records: www.jagjaguwar.com

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