La mitteleuropa incontra Kansas City, la citta’ che diede i natali a Charlie Parker. E lo fa attraverso la figura di Roberto Magris, pianista, compositore e arrangiatore triestino, “uno dei pianisti italiani piu’ conosciuti al mondo” secondo la recente definizione della rivista “4 Arts”. E anche uno dei piu’ straordinari. La cui statura creativa, lungi dall’ottenere i riconoscimenti che meriterebbe in Italia, appare decisamente alta.
E, dobbiamo aggiungere, lo fa attraverso la controparte di Paul Collins, l’appassionato, consapevolissimo produttore della JMood che proprio a Magris, dal 2010 – da quando cioe’ l’etichetta americana e’ nata – ha affidato la direzione artistica. Con risultati discografici , francamente, uno piu’ pregevole dell’altro, e con una prolificita’ la quale, anziche’ rappresentare un rischio, pare essere un incentivo per quanto riguarda la qualita’.
Limitandoci a prendere in esame solo il 2013 (ma non si può non raccomandare l’ascolto, scorrendo le uscite degli anni precedenti, perlomeno dell’eccellente, doppio, Aliens In A Bebop Planet del 2012), ci sono da annotare ben tre uscite.
Le prime due, in primavera, presentano, la prima, intitolata Ready For Reed, l’incontro di Magris, per l’occasione anche all’organo Hammond B-3, col settantottenne Sam Reed. Una riscoperta del tutto in linea coi propositi della JMood, che permette di riascoltare l’attuale lucidita’di un protagonista del jazz di Philadelphia degli anni ’50, leader a quell’epoca di un quintetto con Ted Carson, Bobby Timmons, Jimmy Garrison e Tootie Heath. E’ un album dal sound veramente impressionante, “authentic”, che non intende rifare il verso ad un’epoca che non c’e’ piu’ ma che, al contrario, sembra voler dimostrare, con liberta’ creativa – e non potrebbe essere diversamente, vista la presenza, appunto, di un triestino a Kansas city – e al tempo stesso con assoluta autorevolezza, estraneo ad ogni intento revivalistico, le radici ancora vive di una cultura profonda come una caverna, quella del jazz di matrice afroamericana.
Il secondo e’ Cannonball Funk’n Friends, godibilissima rilettura del songbook di Adderley in cui il funky ritrova le sue sfumature originarie, il suo primigenio, rivoluzionario andare oltre l’hardbop, senza insomma perdere un’oncia della sua ‘jazzita’ ‘.
La terza, che qui propriamente recensiamo, sara’ ufficialmente reperibile sul mercato discografico dal prossimo mese. E presenta l’ennesima faccia del progetto di rilettura della tradizione bop del binomio Magris/Collins.
Che qui approda alla formula del piano trio in un’accezione di cui le tracce, a poco a poco, un pò malinconicamente, sembrano andar perdendosi; finche’ dischi del genere non ce le mostrano sorprendentemente e quasi come d’incanto, ancora fresche e assolutamente inseguibili, a portata di mano, piu’ attuali che mai.
“Anche se il mio pianismo contiene, come e’ ovvio per un musicista jazz europeo,riferimenti diversi e trasversali – ha affermato Magris alla gia’ citata 4Arts – mi riconosco essenzialmente nella linea Monk-Bud Powell-Randy Weston-Jaki Byard-Mal Waldron-Andrew Hill”. Verissimo. Ascoltare per credere. Un pianismo dai colori intensi e netti, a tratti vorticoso, intriso di profonda cultura blues, costantemente e intimamente pulsante (“ho sempre considerato il pianoforte uno strumento a percussione e quindi prima di tutto ritmico, non a caso nel jazz fa parte della sezione ritmica”).
Tutto chiaro, dunque. Fin dal brano iniziale: una rilettura scintillante, dal suono ampio, emozionante e profondo (il contrabbasso del nuovo talento, al femminile, di Elisa Pruett, la batteria del leggendario Albert ‘Tootie’ Heath) nientemeno che di Third World di Herbie Nichols.
In realta’, la sola scelta dei brani merita un encomio a se’ e andrebbe ‘raccontata’ brano per brano. Dalla riscoperta di Young And Foolish a Little Susan di Randy Weston. Ma la gratitudine maggiore va espressa a Magris per averci dato una nuova, suggestiva lettura di un brano adorabile, quel Dianna di Makanda Ken McIntyre che nessuno piu’ suona e che il suo autore suonava in duo con un altro fiatista multi strumentista che si chiamava Eric Dolphy.
E come poteva allora intitolarsi uno dei pochi, tutti pregevoli, originali di Magris se non appunto Makanda?
Musicisti:
Roberto Magris – acoustic piano
Elisa Pruett – acoustic bass
Albert “Tootie” Heath – drums
Brian Steever – drums on # 2, 3, 4, 6 (*)
On Bonus Track # 10 (**): Paul Carr (tenor sax), Roberto Magris (piano), Elisa Pruett (bass), Idris Muhammad (drums)
Brani:
01. Third World (Herbie Nichols)
02. Young And Foolish (Albert Hague) (*)
03. Makanda (Roberto Magris) (*)
04. Dianna (Ken McIntyre) (*)
05. Mal Waldron’s Dreams (Roberto Magris)
06. Little Susan (Randy Weston) (*)
07. Theme From “The Odd Couple” (Neal Hefti)
08. Burbank Turnaround (Roberto Magris)
09. I Can’t Give You Anything But Love (Fields/McHugh)
00. Bonus Track: Possessed Me (Roberto Magris) (**)
11. Audio Notebook By Paul Collins
Recorded on December 15th, 2009 and November 1st, 2010 (*) at Chapman Recording Studios, Lenexa, Kansas, USA.
Recording and Mixing Engineer: George Hunt.
Bonus Track (**) Recorded on December 6th, 2008 at Mad Dog Burbank Studios, Los Angeles, California, USA.
Recording and Mixing Engineers: Samur Khouja and Eric Corne Mastered by Adam Lichtenauer, Studio City KC, Kansas City, Missouri, USA.
Links:
JMood Records: www.jmoodrecords.com