Ascoltando il nuovo Mumford & Sons quella che può frullare in testa è una strana constatazione. Ossia, che le parti si siano invertite, essendo adesso il quartetto londinese più Coldplay dei Coldplay stessi, giusto nella fase in cui Chris Martin e soci giocano spesso ad assomigliare ai vecchi Mumford & Sons. Un’altra pietra di paragone, utile per spiegare come suona “Wilder Mind”, è quella dei Kings Of Leon del fortunatissimo “Only By The Night“. Questo per dire che ciò che fa più notizia di questo disco è l’inattesa sterzata verso atmosfere decisamente elettriche e non tanto la qualità dei risultati o la sostanza dei contenuti. A che pro abbandonare la strada acoustic pop e indie folk di “Sigh No More” (2009) e “Babel” (2012) che aveva condotto ai vertici delle classifiche internazionali il nome del gruppo? Perché mettere da parte banjo, contrabbasso e chitarre acustiche in favore di chitarre elettriche, basso, batteria e tastiere?
Ognuno è padrone del proprio destino e quello dei Mumford & Sons potrebbe ora infilare il sentiero di più lauti e ampi consensi, sempre che la moltitudine dei fan, che li ha amati per quello che erano e hanno rappresentato, perdoni loro il tradimento. Chi poi cercasse di accostare il cambiamento del quartetto britannico alla fatidica svolta elettrica dylaniana del 1965 cadrebbe solo nel ridicolo, perché laddove Dylan ebbe la capacità di continuare a innovare restando (e moltiplicando) se stesso, qui, al contrario, i Mumford & Sons cadono nelle sabbie mobili di un rock melodicamente ruffiano, falsamente alternativo, servo di troppi padroni, passati e contemporanei.
A prescidere dall’immediatezza e dall’appeal anche molto radiofonico di diversi brani (i viscerali crescendo elettrici di Tompkins Square Park, Believe e The Wolf oppure i più notturni ed esistenziali affreschi di Snake Eyes e Hot Gates) resta l’amaro in bocca per un’occasione mancata, per un doppio salto mortale nel vuoto della banalità e dell’impersonalità. La speranza è che il gruppo ritrovi la verve dell’originalità, pur allontandosi dalle radici di partenza. Difficile dire se riuscirà a vendere e a piacere più dei precedenti. Per il momento, tirando le somme, “Wilder Mind” si fa solo riconoscere come un disco inutilmente bello.
Voto: 6/10
Genere: Pop-Rock / Alternative Rock
Musicisti:
Marcus Mumford – lead vocals, electric guitar, drums
Ted Dwane – electric bass, vocals
Ben Lovett – piano, keyboard, synthesiser, vocals
Winston Marshall – electric guitar, vocals
Additional musicians
James Ford – drums, percussion, keyboards
Tom Hobden – violin
Thomas Bartlett – keyboards
Dave Nelson – trombone
Aaron Dessner – keyboards
Benjamin Lanz – trombone
Brani:
01. Tompkins Square Park
02. Believe
03. The Wolf
04. Wilder Mind
05. Just Smoke
06. Monster
07. Snake Eyes
08. Broad-Shouldered Beasts
09. Cold Arms
10. Ditmas
11. Only Love
12. Hot Gates
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