Sul rinascimento e sull’appeal dell’ethio-jazz anni Sessanta e Settanta c’e’ poco da discutere. La scena musicale etiope di quel periodo (insieme a quella eritrea) e’ stata una delle meglio setacciate e documentate negli ultimi anni, grazie soprattutto alla fantastica collana antologica e monografica Èthiopiques, edita dalla parigina Buda Musique a partire dal 1988 (attualmente sono ben 25 i volumi finora pubblicati). Il pubblico ha cosi’ riscoperto un universo eccezionalmente variopinto, eclettico ed esuberante per quanto riguarda la mescolanza di stili, ritmi e motivi, rispondendo con entusiasmo al sound forgiato da alcuni leggendari esponenti e pionieri del genere quali i cantanti Mahmoud Ahmed e Tlahoun Gessesse, il sassofonista Getatchew Mekurya e il vibrafonista-pianista-percussionista Mulatu Astatke.
Riesumata da Jim Jarmusch nella colonna sonora del suo film “Broken Flowers” (2005), la figura di Mulatu Astatke e’ tornata prepotemente in auge anche e soprattutto per opera della Either/Orchestra di Boston guidata dal sassofonista Russ Gershon, che pressappoco nello stesso periodo agguanto’ il personagggio in quel di Addis Abeba, rispolverandone l’opera e coinvolgendolo da allora in molti concerti effettuati sia in Europa che in Nord America.
Il restante ritorno di fiamma e’ storia assai recente. Inspiration Information, Vol. 3, il disco con i londinesi Heliocentrics, acclamato ovunque l’anno scorso e l’altrettanto bella antologia New York-Addis-London: The Story of Ethio Jazz 1965-1975, documento che rivanga l’esperienza musicale di Mulatu Astatke dapprima in terra statunitense, dove conio’ il genere con il celebre quintetto dei suoi primi tre album (fu, tra l’altro, il primo musicista africano ad iscriversi al Berklee College Of Music di Boston) e infine in patria, dove il musicista ne diffuse il verbo incidendo con le etichette Ahma, Philips-Ethiopia e Axum Records.
Ethio-jazz, in sintesi la suggestiva combinazione di jazz elettrico ed orchestrale, rhythm ‘n’ blues, soul e latin music con i canti tradizionali etiopi, le musiche liturgiche della chiesa coopta ortodossa e la particolare scala pentatonica usata nel Corno d’Africa, e’ lo stupefacente ed irresistibile “ethiopian swing” di cui il suo inventore e massimo interprete prova adesso ad aggiornare la formula effettuando un leggero “passo in avanti”.
Pubblicato, come i precedenti lavori, dai tipi della Strut (sul cui prezioso catalogo presto ritorneremo in modo piu’ approfondito) Mulatu Steps Ahead e’, dopo quasi vent’anni, il primo album in studio a comprendere nuove composizioni del quasi settantenne maestro. Vero che per allungare il brodo sono state inserite due vecchie tracce debitamente riarrangiate (I Faram Gami I Faram e Boogaloo) ma e’ altrettanto vero e inconfutabile che il loro esotico blend di poliritmi afrocubani, fiati soul-jazz e scale arabeggianti non stona affatto con la cifra estetica della raccolta, spesso e volentieri tendente a una rilettura in chiave ethio-jazz dei canoni orchestrali ellingtoniani, evansiani e mingusiani.
Raccogliendo intorno a se’ buona parte della Either/Orchestra, strumentisti e vocalist etiopi e alcuni membri degli Heliocentrics (Byron Wallen, James Arben e Jack Yglesias), Astatke sembra voler riannodare i fili delle sue recenti avventure e collaborazioni con le esperienze e i risultati ottenuti nel periodo d’oro della “Swinging Addis”. Il ruolo timbrico-armonico svolto da alcuni strumenti della tradizione musicale etiope quali il flauto “washint”, la viella monocorde “masenqo”, il “krar” (lira pentatonica africana a sei corde) e la kora in combinazione con ottoni, ance, piano, vibrafono e percussioni genera, in pezzi come Radcliffe, Green Africa, Assosa e Mulatu’s Mood, effetti mantrici e mesmerici, sonorita’ ora guizzanti ora felpate, felicemente incastonate in un mosaico di echi arcaici e moderni.
Mancano qui, indubbiamente, lo spirito afro-futurista, l’energia elettro-funk e il mood lisergico-astrale che informavano il precedente album con gli Heliocentrics, ma in compenso possiamo godere del groove hard-spy-boiled di The Way To Nice (costruito intorno al celebre tema di Monty Norman), delle swinganti linee notturne e cinematiche di Ethio Blues e delle scale diminuite del Sud dell’Etiopia che in Derashe (nome, appunto, di una delle tribu’ di quelle zone) sprigionano un camerismo protosperimentale dai toni mistici, avvolto dal serico suono di una tromba davisiana. Mulatu Steps Ahead e’ un altro tassello importante sulla strada dei dovuti riconoscimenti alle intuizioni e lezioni di un grande artista, geniale ancora una volta per chiarezza espressiva, fantasia e qualita’ di scrittura.
Voto: 8/10
Genere: Ethio-Jazz / Afro-Folk-Soul, Latin-Jazz
Musicisti:
Mulatu Astatke – vibraphone, congas, timbales
Godwin Louis – alto sax
Kurtis Rivers – baritone sax
James Arben – tenor sax, flute, oboe
Russ Gershon – soprano sax, tenor sax
Dan Rosenthal – trumpet
Tom Halter – trumpet
Byron Wallen – trumpet
Joel Yennior – trombone
Josh Rosen – piano
Kaidi Tatham – keyboards, piano
Endalkachew Adunya – violin
Indris Hassan – violin
Raven Bush – violin
Daniel Keane – cello
Henry Cook – flute
Leo Blanko – balafon, xylophone
Zodu Amare – lyre
Yeten Work – lyre
Kadialy Kouyate – kora
Davide Mantovani – double bass
Rick McLaughlin – bass
Pablo Bencid – drums
Kofi Adu – drums
Vincente Lebron – percussion, congas
Jack Yglesias – congas
Gashaw, Ethiopian National Theatre – vocals
Brani:
01. Radcliffe
02. Green Africa
03. The Way To Nice
04. Assosa [feat. Tecloo And His Group]
05. I Faram Gami I Faram
06. Mulatu’s Mood
07. Ethio Blues
08. Boogaloo
09. Motherland
10. Derashe
Links:
Strut Records: www.strut-records.com