Il successo è dietro l’angolo

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Si intitola “Stages of a Growing Flower” il primo disco di Miza Mayi. Il primo disco che però a dirla tutta ha la maturità di un mestiere vissuto e cesellato ormai da tempo sulla propria pelle. E lei che un po’ è africana e un po’ italiana riesce a restituirci un enorme senso di internazionalità con un disco che si muove con gran gusto tra colori R’n’B & Soul, Jazz, Luonge e ovviamente l’immancabile scrittura pop per accontentare un po’ tutti. Un disco che narra anche l’evoluzione e la crescita, che passa tra il difficile rapporto con le scelte in “Walk away”, bellissimo brano dipinto di blu, armonico come il mare e nebuloso come un dolce pensiero… che passa nel gioco molto occidentale di “Jazz that Funk” che vedremmo benissimo sulle riviere di Miami o nei notturni locali della costa con questo appeal alla Nile Rodgers… che passa anche nelle trame più pop, di quel pop un po’ speziato, un po’ velato, un po’ scozzese da incidersi a memoria. Citiamo per dovere di cronaca e per gusto di amalgama anche la featuring di Jessica Cochis al sax preparato ad intervenire su “Assurdité” con questo riff che è davvero ben cucito e rimanda di nuovo alle coste occidentali dell’America degli anni ’80. In effetti è un po’ questo il vero mood di tutto questo bellissimo disco che segnaliamo con piacere. In rete il nuovo video del singolo “Flowers”.

 

 

Bellissimo disco complimenti. Molte sono le canzoni che preferisco rispetto ad altre. Ma in generale questo disco non è italiano e non è africano. Come nasce questa sua vena priva di geografia?

Non ci sono elementi della mia persona che determinino le mie origini in percentuali più o meno definibili. Che cosa di me è congolese e cosa di me è italiano? Non lo so, io so solo che ho tutto il mondo disposizione e un’infinità di modelli ai quali ispirarmi. Io sono l’insieme di tutti gli sguardi che ho incrociato, di tutte le mani che ho stretto, di tutti i passi che ho fatto senza nessuna etichetta geografica o sociale. Mi definisco eclettica, raccolgo tutto ciò che mi ispira, mi piace sperimentare. Insieme ad Eros Cristiani e Jessica Cochis ho avuto modo di veder fiorire le mie idee, tutto ha preso corpo e si è formato grazie alle nostre intuizioni e alla ricerca musicale, niente di più.

 

Sottolineo Walk Away come uno dei brani più cantautorali del disco. Parliamo appunto di parola: che valore ha per te in una canzone come questa? 

Walk away è come una bambina, è una canzone delicata e intima che ho scritto e composto al pianoforte, Eros ha avuto l’idea di aggiungerci dei cori gospel per dare più enfasi e il brano si è dilatato nel suo significato. Rappresenta quel momento in cui ci rendiamo conto di aver vissuto la nostra esistenza in un’atmosfera troppo protetta, il mondo è fuori che ci aspetta ed è il momento di avere il coraggio di scegliere, una scelta che si può fare da soli o insieme a chi amiamo. Walk away è un moto a luogo, è volontà di crescere, vivere la vita, quella vera.

 

I tuoi testi in che lingua nascono? Soprattutto perché alla fine approdare all’inglese?

I primissimi brani sono stati scritti e concepiti in italiano, ma non rendevano abbastanza, insieme ai miei produttori ho deciso di rendere tutto il progetto più internazionale perciò ho iniziato a tradurre tutto in inglese. Ora scrivo, improvviso e a volte penso anche in inglese, è un linguaggio musicale comprensibile a molti, basti pensare che all’Eurovision Song Contest il 90% dei brani sia cantato in inglese e parliamo di un programma che ora viene trasmesso in mondovisione. Decidere di cantare in inglese è stata una scelta sin troppo naturale.

 

Altro momento di spicco è In My Dreams e qui esci molto fuori dai binari portanti del resto del disco. Come nasce questa bellissima ballad?

Vi è mai capitato di essere lasciati di punto in bianco dal vostro fidanzato o dalla vostra fidanzata? A me è successo e l’emozione che ho provato è stata devastante, un senso di ingiustizia e dispersione. Ho iniziato ad avere un sogno ricorrente, ripercorrevo proprio quel momento, una notte stellata di fine estate, un urlo al cielo. Ho fatto questo sogno per molto tempo, nel ritornello il brano infatti dice “ti aspetterò tra i miei sogni”. Poi un giorno sono riuscita ad uscire da questo circolo emotivo, ho fatto pace con me stessa, con il male che avevo ricevuto e che probabilmente avevo fatto anch’io.

Jessica Cochis. Che collaborazione è, è stata per il disco… la ritroveremo anche nei live?

Ho incontrato Jessica per caso qualche anno fa e da qual momento siamo subito entrate in connessione, nel mondo dello spettacolo è sempre difficile andare d’accordo tra donne, c’è troppa rivalità, ma nel nostro caso è tutta un’altra storia. Lei è il mio braccio destro, è la sorella che non ho mai avuto, ci sosteniamo a vicenda e ci capiamo senza nemmeno parlare. Lei ha curato tutta la produzione, la grafica, gli arrangiamenti dei fiati e ha composto vari brani. Se la sentirete suonare ai miei concerti? Certo che sì.

 

Che rapporto hai con l’elettronica? Oggi sembra una trama portante per tutte le nuove produzioni… una bella voce come la tua la vedrei anche molto bene in un lounge jazz acustico, con i fumi e le luci soffuse di un club della metropoli. Immagini…

Certamente, la parte elettronica è ben rappresentata da Eros Cristiani pianista e compositore che mi ha fatto conoscere il mondo del trip hop, lavorando insieme al disco abbiamo sperimentato molto ricercando suoni nuovi, non abbiamo limiti stilistici: ci muoviamo con disinvoltura tra il new jazz, lo scat, l’electro swing fino ad arrivare alla deep house. Ciò che conta è riuscire a veicolare il giusto messaggio, la giusta emozione.