LUCIO FERRARA: It’s all right with… you!

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Abbiamo “inseguito” Lucio Ferrara fino a New York, dove ormai e’ di casa e da dove tornera’ appena in tempo per l’appuntamento ormai consolidato con l’Orsara Musica Jazz Festival. Dai suoi racconti (sugli esordi, sui fortunati incontri musicali, sui viaggi) emerge soprattutto un grande amore per la musica, amante perfetta e da non tradire mai…

 

Sound Contest: Cominciamo dall’ultimo disco. “It’s all right with me” registra presenze importanti (Lee Konitz) e altre, altrettanto significative, che pero’ sono piu’ legate al tuo giro di amicizie musicali storiche (Antonio Ciacca). Da quali esperienze nasce questo disco?


 

Lucio Ferrara: Il disco e’ stato registrato a New York, Sorrento e Roma. Roma e’ la citta’ dove mi sono trasferito da poco e dove vivono i musicisti con cui suono nei miei progetti in Italia. New York e’ l’altra citta’ importante dove ho registrato gran parte del cd con Antonio Ciacca, Ulysses Owens e altri. A Sorrento, invece, abbiamo suonato con la band del cd in studio piu’ Lee Konitz, tre giorni fantastici parlando e studiando con Lee, il mio idolo.

 

S.C.: Concettualmente e’ un lavoro molto organico. Prima un quartetto che tocca l’apice con l’inserimento del maestro Konitz. Poi un trio al quale sei molto legato. E’ cosi’?


 

L.F.: Le tre formazioni sono gli organici che ho sempre amato e i musicisti che suonano li amo allo stesso modo. Il quartetto con il piano di Antonio Ciacca e’ la formazione piu’ familiare, potrei suonare per giorni interi con Antonio senza annoiarmi. Il trio con l’organo arriva dall’ascolto dei dischi di Wes Montgomery. In quintetto con Lee Konitz, invece, e’ come essere al fianco di un poeta che riesce a trovare sempre le parole giuste per descrivere un sentimento senza cadere mai nella banalita’ e nello scontato.

 

S.C.: Piu’ che mai in questo ultimo lavoro vengono fuori le tue peculiarita’ stilistiche. Uno stile pacato, pulito, attento al fraseggio senza inutili manierismi, che si inserisce nella lezione piu’ autentica del bop. Che evoluzione ha registrato questo disco nel tuo modo di fare musica e nel tuo stile da “Florian”, tuo disco d’esordio? Quali sono i musicisti di riferimento che hanno forgiato il tuo stile e a quali guardi nel fare musica?


 

L.F.: Da “Florian” sono passati molti anni, anni di esperienze molto significative. Lo stile credo sia rimasto simile, ma le esperienze che ho avuto mi hanno maturato moltissimo da tanti punti di vista. Ascolto molta musica in giro nei club e nei teatri di Roma e New York, ma quando sono a casa non manca mai la musica di Louis Armstrong, Ella Fitgerald, Frank Sinatra, Parker e Ellington, solo per citarne alcuni.

 

S.C.: Quando e come e’ entrata la musica nella tua vita? Che percorso hai seguito? Quando hai capito che sarebbe stata la tua professione?


 

L.F.: Mi sono avvicinato alla musica all’eta’ di sette anni. I miei due fratelli maggiori suonavano la chitarra e mi hanno insegnato le cose basilari oltre che ad amare la musica in generale. Per i primi due terzi della mia vita sono stato un autodidatta, ideando un mio personale modo di suonare.

Poi a Bologna, durante i primi anni universitari, ho sentito l’esigenza di approfondire la musica jazz dopo aver seguito l’ultima grande rassegna del Festival Jazz di Bologna: c’erano Winton Marsalis, Max Roach e le jam session con Sal Nistico e Steve Grossman. Ho amato la musica di Errol Gardner, Wes Montgomery, Bill Evans, Oscar Peterson e Miles con Coltrane, dividendo molto studio col grande pianista e amico Antonio Ciacca. I seminari di Barry Harris mi hanno offerto una visione piu’ chiara di come avvicinarmi e studiare il jazz. Nel 1998 ho vinto il concorso Iceberg, sez. musica jazz, e ho realizzato il mio primo CD “Florian”. Successivamente ho conseguito il diploma in Musica Jazz al Conservatorio di Bologna e la relativa laurea specialistica al Conservatorio di Andria.

Parallelamente alla mia carriera di leader ho portato avanti quella di sideman al fianco di molti musicisti bolognesi e per un periodo ho approfondito la musica brasiliana, bellissima esperienza. Dal 2004 sono docente di chitarra all’Orsara Musica Jazz Festival ed attualmente sono anche direttore dei seminari. Ho insegnato anche in alcuni Conservatori italiani.

Quando ho capito che la musica sarebbe stata la mia professione? Sono stato l’ultimo a capire che avrei fatto il musicista, intorno a me tutti lo sapevano. Ricordo in particolare un giorno, mentre parlavamo del nostro futuro con i miei amici, dissi : non so ancora cosa faro’ da grande… mi guardarono tutti perplessi e dissero: Lucio… tu farai il musicista, nessuno ha mai avuto dubbi su questo! Wow… ecco questo e’ l’inizio.

Tornando ad oggi, oserei affermare che come chitarrista ho avuto la fortuna di suonare con musicisti che ho sempre ammirato e stimato, da Lee Konitz a Benny Golson. E da qualche anno mi reco sempre piu’ spesso a New York, dove non potevo non registrare una parte importante del mio ultimo CD.

 

S.C.: Com’e’ nato il tuo legame con New York? Come ti ha maturato? Quali musicisti frequenti e quali locali? Da li’ certamente guarderai alla musica con occhio diverso rispetto all’Italia. Com’e’ la “situazione” del jazz e come sono visti i jazzisti italiani?


 

L.F.: Il tramite e’ stato Antonio Ciacca, che mi ha spinto a visitare e conoscere questo posto in cui il jazz ha un significato profondo e maturo. Dall’Italia non si comprende il vero feeling di questa musica, l’abbiamo importata e come tutte le cose importate l’abbiamo modificata innestandola nella nostra cultura. E ora New York e’ diventata una della mie “case”. A giugno saro’ a New York con Antonio e la sua band al Rochester Jazz Festival con Lew Tabakin e Joe Magnarelli. Ho suonato con moltissimi musicisti negli Stati Uniti, al Dizzy’s jazz Club (Jazz At Lincoln Center) con Joey de Francesco, allo Smalls, allo storico Mynton’s e altri club newyorkesi con tanti altri splendidi musicisti.


 

A New York c’e’ l’originale, c’e’ l’amore per il Jazz… c’e’ lo swing.

 

S.C.: Oltre alla musica suonata la didattica occupa buona parte del tuo tempo. Dal 2004 poi dirigi i seminari internazionali dell’Orsara Musica Jazz Festival. Ci parli di questa esperienza? Cos’ha Orsara rispetto ad altri festival?


 

L.F.: E’ nata sette anni fa. Volevo dare il mio contributo allo sviluppo della didattica del jazz in italia. Orsara Musica mi ha dato questa possibilita’ e credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro e con questi risultati continueremo con sempre maggiore determinazione.

Sono particolarmente legato a Orsara, perche’ sono nato e cresciuto in questo paesino della provincia di Foggia. Per raggiungere i risultati che stiamo ottenendo ci vuole molto lavoro e noi lo facciamo. Ospitiamo studenti da tutto il mondo, mandiamo i nostri allievi in giro a fare esperienza e ci prendiamo le nostre soddisfazioni perche’ i nostri studenti ricevono complimenti e riconoscimenti importanti.

 

S.C.: Cosa state preparando per l’edizione 2011? I docenti cambiano o sono scelti docenti diversi ogni anno? Che rapporto creano con gli allievi?


 

L.F.: Il 2011 sara’ un anno straordinario, gli allievi sono cresciuti di numero e di livello. Il paese sara’ invaso da un numero record di studenti provenienti dagli Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Spagna e Italia ovviamente. In genere i docenti cambiano ogni anno, anche se a volte accade che qualcuno venga riconfermato. Essendo musicisti in tour durante l’anno non e’ sempre facile avere conferma della loro disponibilita’.

Spesso tra docente ed allievo si instaura una sorta di feeling musicale che va oltre le aule dei seminari e che va avanti nel tempo. E l’organizzazione del Festival e’ orgogliosa di questo.

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