Un disco di pace

0
15

Si intitola “Paz” che significa pace questo nuovo disco dei Babil On Suite. Potremmo sicuramente chiamarlo collettivo, questo incontro tra producer e Dj siciliani guidati dalle splendide voci di Caterina Anastasi e Manola Micalizzi e dal funky rap di Geo Johnson. E dunque si mescolano i ritmi caraibici, brasiliani, il bel groove digitale, qualche reminescenza alla Beatles con la splendida “You Can Be Free”, il rimando a Lunedì Cinema di Dalla con il sapore metropolitano di “In My Cinema” e il bel pop digitale di brani come la title track. Un disco di 11 inediti che contemplano la bellezza della vita e rimandano sapori di serenità ed equilibrio. Ovviamente al mondo dei computer i nostri introducono tantissimi strumenti della tradizione in un incontro generazionale di musica e musicisti. In rete il video di lancio con la splendida featuring di Mario Venuti.

 

 

 

Una miscela di teste pensanti e di cuori musicali. Il nucleo che genera suoni è sempre lo stesso oppure cambia ed è in continua metamorfosi?

La contaminazione in sé ha generato il cambiamento frutto anche dell’ingresso dei nuovi elementi nella band, che hanno portato nuova linfa al nostro approccio alla scrittura. Di base il nucleo con nuovi compagni di viaggio.

 

I tempi che corrono sono quelli del futuro e allora mi chiedo: oggi il digitale quanto sta sostituendo i suoni reali? Accogliete l’evoluzione o gli fate battaglia? Anche perché mescolarli è un punto fermo per la vostra cifra stilistica…

L’uso del digitale, dell’elettronica ha avuto sempre un ruolo importante, ma allo stesso modo è stata sempre trattata come uno strumento, non abbiamo mai optato per l’uso di un preset di fabbrica di un sintetizzatore o un loop pronto da importare su Ableton ma tutta l’elettronica viene costruita attorno al brano, noi accogliamo l’evoluzione laddove siamo consapevoli di poterla controllare.

 

Guardo la copertina che è assolutamente particolare e vi chiedo: la “Paz” arriva dal futuro secondo voi? Oppure in qualche modo potremmo dire che noi sulla terra non siamo più capaci di pensare a noi stessi?

La nostra “Paz” è un po’ come la nostalgia del futuro. “Maria” di Metropolis citata in copertina fa fronte a un futuro distopico. In questo presente siamo “bombardati” al punto da perdere il contatto con la vibrazione e con il nostro stesso corpo. La pace non è semplicemente assenza di guerra, è equilibrio interiore, è serena condivisione, è dialogo. Per nostra fortuna c’è la musica.

Il nuovo video di “Call another boy”, forse uno dei momenti più sospesi e leggeri del disco. Io ci ritrovo il leitmotiv del disco che è la diversità. Cioè l’essere conservatori è un legame che piano piano annienta. Un po’ se vuoi come la vostra musica che è sempre nuova di contaminazioni. Non è così?

Assolutamente sì, bisogna avere rispetto del passato, quando ne vale la pena, essere conservatori ha una sua valenza nella creazione artistica, ma senza restare “impigliati”, ricavandone una sorta di “morale” artistica per approdare al nuovo, al diverso.

 

Bellissimo l’omaggio a Dalla. E come mai arriva in questo disco? Per voi dunque come si lega con questo tempo?

È stata per qualche anno la sigla di apertura dei “Lunedi cinema” in onda negli anni ‘80, in qualche modo ci sentiamo tutti attori e spettatori della nostra vita, un po’ come le storie su Instagram ma con un metraggio decisamente più lungo, e come sottofondo uno dei suoi scat leggendari: dubududa!. Lo conoscemmo molti anni fa, al Festival Lucio Dalla and Friends e, neanche a dirlo, in un porto, fumava una sigaretta seduto in una panchina di fronte al mare, è stato come vedere una copertina dei suoi album.