OverDOORS

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Il primo ascolto di questo disco, il cui giorno di pubblicazione ufficiale è stato ieri 21aprile, l’ho fatto con i miei figli e la loro crew che giravano per casa. Hanno afferrato il sound (anzi, l’inverso: il suono ha travolto tutti noi!!) e mi hanno proposto un ascolto analitico collettivo dell’intero OverDOORS. Sentono che gli appartiene, che “parla” per forza anche a loro che hanno il mito di Jim Morrison e vivono di hip hop dalla mattina alla sera. Questa musica è attualità viva, è pura dimensione adrenalinica della vita, è sofferenza e meditazione. È una delle possibili varianti di quella Musica Totale di cui teorizzava Gaslini aggiornata al 2015. Di certo questo omaggio alle canzoni e al messaggio dei Doors non ha niente a che fare con certe riletture asettiche, accademiche, pallide (e, diciamola tutta, un po’ altezzose: grottescamente, se si considera che il jazz è nato come street music e come tale è nell’albero genealogico del rock) che purtroppo il mondo del jazz dedica a miti del rock, del soul, il più delle volte senza cogliere neanche in modo vago il pathos, il senso di stato nascente, la carica, l’ urgenza rivoluzionaria ed esistenziale di brani, di artisti, di quelli il cui ascolto ha cambiato vite e destini.

Luca Aquino, al contrario, è immerso nello s p i r i t o di questa musica, lo costituisce, è sua da sempre. E vi impagina un album che dell’ eredità dei Doors prende ciò che prende, riassortendo e riscrivendo, sperimentando, andando oltre. Come esprime appunto il titolo dell’album, nonché lo sperimentale, misterioso brano omonimo, unico originale, che arriva in scaletta dopo la furia dell’iniziale “Peace frog” e il riff potente che caratterizza “Waiting for the sun”.
E che col suo perentorio cambio di clima fa capire che allora questo disco è un viaggio, che scopriremo ad ogni brano altre facce, altre storie, altri paesaggi. Fantasmagorico come quello disegnato da “Riders on the Storm” con Rodolphe Burger ai vocals (ma c’è la voce, quella di Petra Magoni, anche in “Queens of the highway” e quella di Carolina Bubbico nella conclusiva “Indian summer”), incantato come lo si scopre in “Yes, the River knows” o quello ventoso, assolato, struggente, che traspira nella incredibile “Hyacinth house”.

Ritroviamo, insomma, quello spirito “on the road”, quella visione della musica orizzontale, anzi circolare, con un raggio di trecentosessanta gradi, che contraddistingue da sempre i capitoli discografici ogni volta imprevedibili del trombettista beneventano. Qui con una band ridotta all’osso con tromba, ovviamente quella del leader (svettante, imprendibile, che cerca, trova, espande, inventa spazi stilistici e armonici in corridoi stretti o in ampie campate) acustica ed elettrificata, chitarra idem, quella di Antonio Jasevoli, basso elettrico, quello di Dario Miranda, e la batteria, suonata da Lele Tomasi.
Ma basta, ho scritto anche troppo. È diventata la solita recensione quello che nelle intenzioni avrei voluto fosse un telegramma.
Da ascoltare senza se e senza ma.  Stop.

 

Musicisti:

Luca Aquino, tromba
Dario Miranda, basso elettrico
Antonio Jasevoli, chitarra
Lele Tomasi, batteria

Feat.
Petra Magoni
Carolina Bubbico
Rodolphe Burger

Brani:

01. Peace Frog 06:17
02. Waiting for the Sun 05:25
03. OverDOORS 01:37
04. Blue Sunday 04:59
05. Queen of the Highway (feat. Petra Magoni) 03:16
06. Ship of the Fools 05:03
07. Yes, the River Knows 03:49
08. Riders on the Storm (feat. Rodolphe Burger) 04:30
09. Hyacinth House 06:18
10. Light My Fire 06:02
11. Indian Summer (feat. Carolina Bubbico) 06:44

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Luca Aquino

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