The Whistle Blower

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Personaggio intellettualmente vivace ma ideologicamente scomodo, Gilad Atzmon ritorna con “The Whistle Blower”, otto nuove composizioni ispirate da amore, nostalgia, devozione e semplicità. Nato a Tel Aviv nel 1963 ma da anni residente a Londra (con cittadinanza e passaporto anche britannici), Atzmon unisce alla sua prolifica attività di musicista anche quelle di scrittore, saggista e opinionista. Buona parte della sua notorietà internazionale è dovuta proprio a certe asserzioni e tesi provocatorie rilasciate nei suoi scritti o nelle tantissime interviste che si possono reperire sia sulla carta stampata di quotate testate sia sulle pagine di numerosi siti (in primis quello dell’artista stesso), blog e forum presenti in rete.

 

A destare scalpore e a dividere l’opinione pubblica – in detrattori e sostenitori – sono state in particolare le idee e le affermazioni politiche di Atzmon riguardo il sionismo, la questione palestinese e la strumentalizzazione storico-politica dell’Olocausto. Le lucide analisi di Atzmon, affidate ad articoli oppure a libri quali “Guide To The Perplexed” (2001) e “The Wandering Who?: A Study Of Jewish Identity Politics” (2011), hanno subito avuto come effetto di ritorno pesanti accuse di anti-semitismo e diffamazione razzista del sionismo, mentre su un versante più squisitamente estetico e musicale restano altrettanto forti e provocatorie le conclusioni di Atzmon circa il genere klezmer quale “furto culturale ashkenazita di musiche dell’Europa orientale e della tradizione zingara”, commento che senza dubbio farebbe imbestialire uno come John Zorn. Chi volesse approfondire e soppesare le reali parole e argomentazioni di Atzmon riguardo ai temi di cui sopra potrebbe trovare utile e illuminante leggere nella traduzione italiana “La bellezza come arma politica” e “Non è detto per niente che sia così”, due lunghe interviste postate e archiviate sul sito web Kelebeb.

Va da sé che quanto appena sottolineato circa il pensiero e le tesi di Gilad Atzmon si riflette in modo necessario e indissociabile anche nella sua estetica e produzione musicale. Sassofonista ma anche bravo flautista, clarinettista, chitarrista e fisarmonicista, Gilad Atzmon vanta all’attivo collaborazioni e incisioni al fianco di notissimi artisti (Ian Dury, Shane McGowan, Robbie Williams, Sinéad O’Connor, Robert Wyatt, Paul McCartney e Pink Floyd – vedi anche il loro ultimo “The Endless River”) e ben quattordici album di ottimo jazz sincretico, pubblicati da note etichette quali Enja, Domino e World Village. Gran parte di essi sono intestati al suo progetto in quartetto The Orient House Ensemble, da più di un decennio molto attivo sulla scena jazzistica britannica e vincitore di due importanti premi della critica con gli album “Exile” (2003) e “Songs Of The Metropolis” (2013).

Il nuovo “The Whistle Blower” vede in stato di forma smagliante tanto il leader quanto la sua compagine (dove c’è da registrare la new entry di Chris Higginbottom alla batteria), attenti a filtrare in un linguaggio vivacemente coltraniano e parkeriano elementi e voci della tradizione mediorientale (l’iniziale Gaza Mon Amour, nel cui titolo è anche facile leggere certe prese di posizione di Atzmon), il dolore e il lamento dell’esilio nella ballad Forever, il supremo anelito alla spiritualità di Romantic Church e Let Us Pray (in cui ascoltiamo un poderoso e viscerale assolo di Atzmon al sax soprano) e la romantica nostalgia in chiave “jazz-musette” di The Song (dove il piano e la fisarmonica si elevano a intrecciare un bellissimo dialogo contrappuntato dal granuloso timbro del contrabbasso). In To Be Free Atzmon torna al soprano e con il pianista Frank Harrison quale interlocutore privilegiato imbastisce un ricercato saggio di libera improvvisazione d’alto spessore. For Moana è una dolce poesia in musica dedicata alla nostra celebre Moana Pozzi, figura per la quale Atzmon ha sempre manifestato interesse e di cui ha saputo cogliere l’essenza più fragile e tragica. Chiude l’album il tema ironicamente felliniano e cabarettistico di The Whistle Blower (l’informatore), dove l’allegria godereccia e la sfrontatezza italiane de “I Vitelloni” si materializzano per incanto nei cori e nei fischi della band. Un finale che riassume alla perfezione il sottile messaggio di autenticità e libertà di questo splendido disco nonchè il vasto humus artistico e culturale da cui attinge la visionarietà di Gilad Atzmon.

 

 

Voto: 8/10

Genere: Modern Jazz / World Music

 

 

Musicisti:

Gilad Atzmon – alto sax, soprano sax, clarinet, accordion, vocals

Frank Harrison – piano, keyboards, vocals

Yaron Stavi – double bass, electric bass, vocals

Chris Higginbottom – drums, vocals

Tali Atzmon – vocals # 8

Antonio Feola – vocals # 8

 

 

Brani:

01. Gaza Mon Amour

02. Forever

03. The Romantic Church

04. Let Us Pray

05. The Song

06. To Be Free

07. For Moana

08. The Whistle Blower

 

 

Links:

Gilad Atzmon

Fanfare Jazz Records