Dentro “Manipulator” c’è tutta l’energia e la maturità creativa di questo ventisettenne talento californiano da Laguna Beach. Un album doppio che ha richiesto più di un anno di lavorazione, tempi biblici e inconsueti per Ty Segall, uno abituato a sfornare dischi, canzoni e progetti con la stessa naturalezza e rapidità di un battito di ciglia. Infatti, nel frattempo che l’opera prendesse forma secondo le attese e i desideri del suo artefice, il ritmo delle uscite non è stato affatto interrotto. Tra il 2012 e il 2013 il giovanotto ci ha tenuto i timpani occupati con ben sei dischi (nell’ordine “Twins”, “Hair”, “Slaughterhouse”, “Sleeper”, “Live At Death By Audio” e “Gemini”), senza contare “Fuzz”, album d’esordio dell’omonimo nuovo progetto in trio, e la collaborativa alleanza con i White Fence.
Attingere dai grandi modelli e suoni del rock e del pop per adattarli ai tempi correnti. Questa la missione di un virtuoso chitarrista e abile batterista, fine autore di testi e duttile vocalist. Nella sua incredibibile verve produttiva e imprendibilità stilistica la parabola artistica di Ty Segall sembra quasi clonare quella di Jack White e Daniel Auerbach, stelle e menti splendenti della scena alternativa statunitense, come lui partiti dal garage-rock e dal blues più ruvido per diventare, nel bene e nel male, qualcos’altro. Segall, tuttavia, sembra avere una marcia in più, un eclettismo e un dono unico nel saper rendere originale e innovativo ciò che in realtà non lo è affatto. Le molteplici influenze dei suoi miti e canoni di riferimento (Jimi Hendrix, Black Sabbath, David Bowie, Marc Bolan, Deviants, The Who, Stooges, Beatles, Kiss, Neil Young, Grateful Dead, Hawkwind, Chocolate Watchband, Byrds, Small Faces) sono meravigliosamente fusi e racchiusi nella sua strabiliante tecnica chitarristica, nella versatilità e teatralità vocale, nell’ampio raggio argomentativo dei suo testi e soprattutto nell’accattivante perfezione dei suoi arrangiamenti.
I diciassette brani di “Manipulator” possiedono il raro pregio di far contento chi dal rock e dal pop esige nostalgiche certezze ma desidera anche scosse e possibili nuove rotte. Insieme ai suoi fidati compagni di viaggio (il bravissimo cantautore e polistrumentista Mikal Cronin – anch’esso un nome degno di riguardo che presto tratteremo – il chitarrista Charlie Moothart e la batterista Emily Rose Epstein) Segall va dritto al punto in ogni traccia, mantenendo costante l’appeal melodico, trattenendo e rilasciando la virulenza e la potenza elettrica delle chitarre, acide, distorte e “fuzzate” a dovere in Tall Man, Skinny Lady, Feel, The Connection Man e The Crawler, languidamente oniriche e lisergiche in Manipulator, The Hand e Don’t You Want To Know? (Sue), sfasate e oblique nel pulsante ritmo funky di Mister Main, primitive e ipersature nel garage-pop-punk di It’s Over, Faker e Susie Thumb, sensualmente caleidoscopiche e glam in The Clock e nello stupendo epilogo di Stick Round, dove persino i violini partecipano alla loro efficace resa orchestrale. Chi pensa che il rock sia oggi a corto di idee e ai minimi termini potrà confortarsi e ricredersi ascoltando quest’album, semplicemente perfetto ed eccezionale.
Voto: 8/10
Genere: Garage Rock / Psych-Pop / Songwriting / Acid Blues
Musicisti:
Ty Segall – vocals, guitar, keyboards, bass, drums
Charlie Moothart – guitar
Mikal Cronin – bass
Emily Rose Epstein – drums
Brani:
01. Manipulator
02. Tall Man, Skinny Lady
03. The Singer
04. It’s Over
05. Feel
06. The Faker
07. The Clock
08. Green Belly
09. Connection Man
10. Mister Main
11. The Hand
12. Susie Thumb
13. Don’t You Want To Know? (Sue)
14. The Crawler
15. Who’s Producing You?
16. The Feels
17. Stick Around
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