BUENA VISTA SOCIAL CLUB: L’alma de Cuba

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Alcuni luoghi, piu’ di altri, posseggono un fascino particolare e suscitano, nell’immaginario collettivo, atmosfere magiche e fatate. Tra essi le isole, sempre si sono prestate nei secoli al ruolo di luoghi incantevoli ed immutabili, proprio a causa – o per merito – del proprio isolamento, che ostacolava le rapide commistioni culturali o le chimere delle facili globalizzazioni commerciali.


L’isola di Cuba e’ proprio una di queste ma, a Cuba, tutto quanto sopra e’ stato esasperato da un isolamento politico-sociale causato dai conflitti tra il suo regime totalitario e gli Stati Uniti che, per rappresaglia politica, la tiene, dalla meta’ del secolo scorso, ancor oggi sotto embargo. Il risultato e’ stato un insieme di poverta’ esasperate e sviluppi culturali – e quindi anche musicali – autonomi, originali e del tutto imprevedibili, un’evoluzione parallela che ha attraversato paradossalmente proprio il periodo di maggiore evoluzione della musica moderna, dagli anni sessanta a fine ‘900.


L’orquesta cubana Buena Vista Social Club rappresenta a pieno titolo la colonna sonora di questo mondo, che sopravvive, talvolta stoicamente, alla carenza delle piu’ elementari occasioni di progresso e di stimoli culturali diversi da quelli autoctoni.


La musica cubana ha subito uno sviluppo evolutivo parallelo a quello del resto del mondo ma, da un certo punto in avanti, quasi isolato da esso. Le antiche tradizioni musicali caraibiche, risalenti agli indios, sono state profondamente segnate dalle influenze europee, importate dagli spagnoli all’epoca delle grandi colonizzazioni, e variegate dall’animismo filosofico dei neri Africani. Da allora in poi si sono profondamente rimescolate a se stesse, per lungo tempo e con scarsissime influenze esterne, nei locali di musica e ballo dell’Avana, com’era stato il Buena Vista Social Club, in cui – retaggio di una forma di contro-apartheid – era negato l’ingresso ai bianchi.


All’ascolto, tutti gli elementi costitutivi sono delineati e riconoscibili, primi tra tutti quelli piu’ familiari, derivanti dalle origini europee, e quelli della tradizione caraibica, comuni ad altri generi musicali, ma il risultato d’insieme ha un gusto del tutto originale e mai scontato, caratterizzato da elementi di allegria ma segnati da una lieve vena malinconica di fondo.

Nel 1996 Juan de Marco Gonzalez, musicista cubano e ricercatore di antiche tradizioni popolari, creo’ la Afro-Cuban All Stars, cui parteciparono 25 tra i piu’ brillanti musicisti strettamente legati alle forme musicali tradizionali cubane e considerati i massimi esponenti di questo filone musicale.


Il produttore musicale britannico Nick Gold, venuto nel 1997 a conoscenza dell’iniziativa, invito’ il chitarrista statunitense Ry Cooder all’Avana per organizzare una session con l’Afro-Cuban All Stars. L’incontro fu un grande successo, che esportarono negli Stati Uniti e che porto’ alla produzione un disco – cui diedero il nome di Buena Vista Social Club – che valse loro un Grammy Awards nel 1998 e che si classifico’ poi al 260  posto nella classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi di Rolling Stone Magazine. L’evento, magistralmente documentato dal regista Wim Wenders nell’omonimo film-documentario, e’ divenuto un vero e proprio cult, ed il brano Chan Chan, del cantante e chitarrista Compay Segundo, gia’ allora incredibilmente quasi novantenne, il biglietto da visita del gruppo.


Il risultato mise a nudo l’essenza della musica dell’isola caraibica, una miscela esplosiva di son cubano, che sfocia nella rumba e nel cha cha. In essa restano evidenze di guaracha e di bolero, di danza habanera e di guajira, frutto misterioso e stupefacente del sincretismo culturale di quelle genti, che si e’ esteso dal campo religioso a quello musicale. L’evento, casuale ma straordinariamente indovinato, aveva colto il desiderio di questi musicisti di presentare, mostrare, ostentare orgogliosamente al mondo intero le proprie radici culturali in campo artistico e musicale ma anche la voglia, il desiderio, la sete di novita’, di confronto dei propri contenuti con quelli altrui, svelando il tesoro nascosto nella piccola isola emarginata.


Da allora una valanga di successi in cui la prestigiosa ensemble ha piu’ volte saputo rimodellarsi con partecipazioni via via piu’ prestigiose.

Ancor piu’ stupisce come l’Orquesta Buena Vista Social Club abbia saputo portare la propria musica alla ribalta, se si tiene conto che essa poco deriva da studi canonici e molto dalle tradizioni popolari, tenacemente coltivate da gente quasi insostenibilmente povera materialmente ma ricchissima di passione per la musica, e di dignita’ personale e collettiva. Tra i padri-fondatori dell’Orchestra, ormai scomparsi, i personaggi piu’ emblematici sono stati Màximo Francisco Repilado Munoz, meglio conosciuto come Compay Segundo, che a volte aveva lavorato nelle piantagioni di tabacco e suonava una chitarra auto costruita a sette corde, Ibrahim Ferrer, musicista di strada cantante ed occasionalmente lustrascarpe, che era soprannominato il “Nat King Cole di Cuba”, Ruben Gonzales, medico mancato per problemi finanziari, che aveva studiato piano, suonato professionalmente anche in ambito jazz ed insegnato musica, e che, negli anni ottanta, aveva smesso di suonare, perche’ “era troppo vecchio – diceva lui – ed aveva l’artrite” ma in realta’ perche’ non aveva mai potuto permettersi di possedere un pianoforte in casa sua. Fu convinto dall’iniziativa di Gold-Cooder-Wenders a partecipare alla felicissima esperienza dell’Orchestra Buena Vista Social Club ed al suo successo trionfale. E ancora ricordiamo i cantanti e cantautori Manuel “Puntillita” Licea, Pìo Leyva ed Orlando “Cachaito” L

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