Uno, trino e plurimo, Elliott Sharp ha pubblicato e prodotto tantissimo nel corso di quest’anno. Oltre al disco qui preso in esame, sono da menzionare il solo album per sassofono soprano e tenore manipolati elettronicamente Abstraction Distraction, la performance in duo con il chitarrista Scott Fields documentata in Afiadacampos, Octal: Book Two, ossia il secondo volume di studi per sola Octal Guitarbass, una rivisitazione del repertorio del mitico bluesman Willie Dixon con l’album tributo Electric Willie, la raccolta di artisti vari da egli curata con il titolo I Never Meta Guitar, illuminante panoramica sullo stato dell’arte della chitarra sperimentale in questa prima decade del terzo millennio, la colonna sonora Spectropia Suite, in cui si avvale di un ensemble di talenti del circuito avant jazz della Grande Mela assolutamente eccezionale (da Rudresh Mahanthappa a Chris Fowlkes, da Anthony Coleman a David Hofstra) e ultima, in ordine di pubblicazione, la colonna sonora per la piece teatrale Binibon, ispirata all’omicidio commesso nel luglio del 1981 da Jack Henry Abbott nei confronti del proprietario del noto e frequentatissimo ritrovo d’artisti e musicisti sulla 2nd Avenue dell’East Village.
Mattatore della scena sperimentale free e avant rock-blues newyorkese sin dagli anni Ottanta, il chitarrista e polistrumentista originario di Cleveland ha condotto l’esplorazione e il suono della chitarra ai suoi limiti piu’ estremi, con risultati tanto originali quanto affascinanti. Da menzionare accanto ai Terraplane (dediti ad un energizzante ammodernamento dei cliche’ blues) come uno dei progetti piu’ validi, longevi ed efficaci di Elliott Sharp, quello dei Carbon e’ un discorso invece densamente stratificato e articolato di commistioni tra art rock, noise, libera improvvisazione, letteratura, algoritmi matematici (dalla serie numerica di Fibonacci ai frattali di Benoit Mandelbrot) musica etno-tribale e avanguardia tecnologica. Attivo come gruppo aperto sin lontano 1982 e ampliato sino a dar vita all’Orchestra Carbon, l’attuale formazione di Void Coordinates vede, accanto alla chitarra elettrica e ai sassofoni di Sharp, l’arpa elettrica di Zeena Parkins, il basso di Marc Sloan, la batteria e le percussioni di Joseph Trump, le tastiere e l’armamentario elettronico di David Weinstein.
All’interno dei nove brani dell’album, tutti di minutaggio corposo, la chitarra di Sharp costruisce e demolisce, attacca e s’anfratta, liberando tessiture e spigolature algebriche, riff mantrici e metallici, dissonanze macerate nel feedback piu’ lancinante. Lo sviluppo di ogni singolo pezzo e’ ancorato ad un tema armonico minimalmente e scientificamente scolpito da ogni singolo strumento, percosso a destra e manca dalle scudisciate di Trump e dalla pulsazione grave e grigia come grafite di Sloan. L’atmosfera generale e’ cupa e maniacale, con dense derive sia ipnotiche che lisergiche, mentre in un paio di tracce (Caldron e Holoscene, le uniche in cui Sharp passa al soprano) prendominano vivaci poliritmi funk ed electric jazz-rock dall’amarognolo sapore intergalattico e fanta-tribaloide.
Voto: 7,5/10
Genere: Avant Noise-Rock/ Impro
Musicisti:
Elliott Sharp – 8 string guitarbass, guitar, soprano sax
Zeena Parkins – electric harp
Marc Sloan – electric bass, prepared bass
Joseph Trump – drums, percussion
David Weinstein – sampler, synthesizer
Brani:
01. The Younger Dryas
02. Eukaryonic
03. Caldron
04. Eskatones
05. Fermion
06. Index Of Minerals
07. Holoscene
08. Hypercubus
Links:
Elliott Sharp: www.elliottsharp.com
Intakt Records: www.intaktrec.ch