Angelica

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Cosa attendersi da un nuovo cd di Francesco Cafiso? Nella fattispecie da questa registrazione newyorkese, appena pubblicata dalla meritoria, attivissima label romana?
Non passa anno, nella straordinaria carriera dell’oggi ventenne altosassofonista siciliano, talento precoce oramai ai vertici della notorieta’ internazionale, che non aggiunga nuovi prestigiosi risultati al suo curriculum. E non fa eccezione questo 2009, apertosi con la partecipazione, a Washington, ai festeggiamenti in onore del neopresidente Obama. E in cui e’ stato insignito, appena due mesi fa, del titolo di ambasciatore della musica jazz italiana del mondo. E se l’attivita’ concertistica sembra essere, senza timori di essere smentiti, il riscontro immediato della sua statura, la dimensione piu’ genuina e inequivocabile del suo traboccante solismo, e’ proprio la produzione discografica a porre qualche interrogativo. Nel senso che essa appare forse finora, nel complesso, un tantino dispersiva (anche editorialmente), lievemente incerta nel tracciare in modo propulsivo e preciso un’evoluzione stilistica e artistica. E se comunque rende ampiamente conto del sacro fuoco parkeriano, dell’impeto bop, che anima la musica di questo ex bambino prodigio, c’e’ chi sempre piu’ lo attende al varco di prove piu’ mature e meditate, piu’ complete e complesse.
Lo e’ questo Angelica, album pubblicato con la sigla PRM 7820? La risposta e’ affermativa. Lo e’ come lo erano gia’ le uscite discografiche di Cafiso immediatamente precedenti a questa. Sta cercando, e si sente, una dimensione da musicista completo, piu’ collettiva e progettuale, dove agli arrangiamenti riattualizzanti di capolavori del passato si affianchino composizioni originali capaci di alzare il baricentro di un discorso piu’ personale. Così, accanto alla riproposizione intensa della strayhorniana, splendida A flower is a lonesome thing, con in bella evidenza il contrabbasso di Ben Street; alla danzante, felice e naturalmente ellingtoniana title track; alla toccante, significativa rilettura di Peace di Horace Silver, che fa risaltare le doti solistiche del pianista Aaron Parks; alla smagliante, folgorante prova in un trio pianoless che rende omaggio a quel capolavoro che e’ Why don’t I di Sonny Rollins, trovano posto composizioni originali che vanno a sperimentare, ad assaggiare, fragranze e aromi diversi. E Scent of Sicily e’, fin dal titolo, e poi per la sua ampiezza e le sue suggestioni, quella che sembra meglio indicare – ma,s ia chiaro, il sassofonista non rinnega nulla del suo modo di vivere il jazz e, in fondo, chi lo vorrebbe? – una sorta di nuovo corso cafisiano (ma anche la sempre bella, conclusiva Winter Sky di Nello Toscano, col sassofonista e con Giovanni Mazzarino e Dino Rubino in un altro progetto significativo da questo punto di vista, l’Island Blue Quartet).
Ma e’ il taglio solistico, quello in cui poi in qualche modo si sostanzia il suo approccio al jazz, a sorprendere. A sorprendere per le sue pause, per quel cercare le strade piu’ impervie, la sintassi meno prevedibile, per il suo farsi discorso e prosa pur nella fantastica, spesso abbagliante musicalita’, per la ricerca di linee architettoniche, di respiro, di arrangiamento, di interplay (e va citata anche l’ottima prova di Adam Cruz, il batterista che completa questo quartetto).


Musicisti:
Francesco Cafiso, sax
Aaron Parks, piano
Ben Street, contrabbasso
Adam Cruz, batteria


Brani:
01. A flower is a lovesome thing
02. King Arthur
03. Angelica
04. December 26th
05. Peace
06. Scent of Sicily
07. Waiting for
08. Why don’t I
09. Winter sky


Link:
Cam Jazz:
www.camoriginalsoundtracks.com

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