A un paio d’anni di distanza dalla sua pubblicazione e’ ancora incredibile il magnetismo e il senso di avvenirismo sonoro che trasmette un album come Sonic Codex. E cosi’ quello che pareva essere solo un tardo rispolvero e commento dell’opera in occasione della presenza e partecipazione di Eivind Aarset alla XIV edizione del Pomigliano Jazz Festival diviene improvvisamente un meritato panegirico nei confronti della sua ficcante valenza semantica ed estetica. Ficcante e originale come l’arte musicale del geniale chitarrista e manipolatore elettronico norvegese, capace come pochi nel suo ambito di agire sui contrasti (tra generi e linguaggi) ed ottenere stranianti effetti di tono e luminosita’. Se con i tre precedenti progetti e lavori a suo nome (Electronique Noire del 1998, Light Extracts del 2001 e Connected del 2004) Aarset era riuscito a scomporre e a rielaborare le proprieta’ alchemiche ed ecumeniche del nu jazz di matrice scandinava con uno spirito progressista forse anche piu’ dinamico e scapigliato rispetto all’amico e pioneristico collega Nils Petter Molvaer, in Sonic Codex il discorso assume connotati del tutto diversi. Piu’ riusciti e interessanti forse proprio per l’assenza della tromba di Molvaer (che aveva contrassegnato i primi due lavori), cosicche’ quella che emerge da queste nove tracce e’ l’attitudine piu’ fisica e diretta della sua musica, la valenza piu’ spigolosa ma al tempo stesso anche piu’ melodica della sua chitarra elettrica, tra bluastre tessiture free noise rock e rossastre venature pop, senza ovviamente rinunciare a tessiture e fondali digitali, temi acustici ed elettrici che producono episodi sperimentali e viaggi mentali di straordinaria potenza come l’iniziale compulsione rock dark-noir di Sign Of Seven, le avvolgenti serpentine elettroaustiche (tra post jazz a la Jaga Jazzist e post rock a la Tortoise) di Quicksilver Dream e Cameo, le scale arabeggianti e il twang avant rock di Drobak Saray, l’isterismo elettrico e la saturazione technoide di Black Noise White Silence, la visionarita’ lisergic-folk, davvero stupefacente e anche godibile, di Still Changing e Sleep With Fishes, fino alle cangianti tessiture digital-ambient-pop-rock di quel capolavoro finale intitolato The Return Of Black Noise And Murky Lambada, certo debitore ma per questo affatto inferiore all’arte sperimentale di un altro grande master della chitarra elettrica e processata quale David Torn.
Voto: 8/10
Genere: Experimental Rock-Pop / Nu Jazz
Musicisti:
Eivind Aarset – guitars, electronics, kalimba, logdrum, programming, glockenspiel, electric bass (7)
Wetle Holte – drums, percussion, programming, synth (3, 5), piano (5), celesta (4)
Audun Erlien – electric bass (3-5), baritone guitar (1), celesta (1), synth (3), Wurlitzer (5), vocal samples (5)
Marius Reksj