Canto di ebano e’ un album nel senso piu’ vero del termine, che riunisce acquerelli, paesaggi, ritratti e nature morte accanto a versi poetici e suoni dell’anima. Un album pittorico, narrativo e musicale che si presenta graficamente, all’esterno come all’interno, in un nero di fondo elegante e prezioso, come l’ebano africano a cui Gabriele Mirabassi tributa omaggio in virtu’ del suo legno unico e particolare, “duro come pietra. Che non brucia e non galleggia come normalmente succede ai suoi pari“. L’ebano, materia da cui il clarinetto tradizionalmente ricava il suo timbro grazioso e vellutato, acuto e intenso, grave e malinconico. Nessuno piu’ e meglio di Mirabassi, clarinettista tra i piu’ versatili e acclamati dell’attuale scena italiana e internazionale, poteva riuscire nella non facile impresa di una dedica cosi’ appassionata e descrittiva alla storia peculiare di tale strumento. Che attraversa ere e generi della musica tutta, sia essa colta, folk o afroamericana. In oltre diciotto anni di dischi a suo nome (a iniziare da Coloriage del 1991) e collaborazioni prestigiose in ambiti difformi, Gabriele Mirabassi ha concepito e modellato per mezzo del suo clarinetto un linguaggio originale e personalissimo, un’estetica e una visione di cui Canto di ebano rappresenta una sintesi compiuta e perfetta. Chi non conosce ancora il musicista perugino puo’ benissimo iniziare da quest’opera, indice di tutte le influenze e idee che costellano il suo stile, fatto di ingredienti e segni colti che interagiscono con elementi jazz, sonorita’ europee e mediterranee, radici africane e melodie sudamericane. Un composto chimico che sa quasi di pietra filosofale, da cui sgorga una musica realmente attenente a quella sfera “creativa” e “totale” che si burla di inutili catalogazioni e definizioni. Accanto all’ancia di Mirabassi sono le corde di chitarra di Peo Alfonsi, quelle del contrabbasso di Salvatore Maiore e le pelli di Alfred Kramer, elementi che danno vita a un quartetto affiatato e indovinato, coralmente magnifico gia’ nelll’iniziale Chisciotte (brano autografo di Mirabassi tratto dalle musiche per l’opera teatrale Chisciotte e gli invincibili, realizzato nel 2007 in collaborazione con Gianmaria Testa ed Erri De Luca), introdotta in modo elusivo e contorto dal legnoso picchettio sulla grancassa della chitarra e dall’austera cavata del contrabbasso, un incedere per gradi a cui si aggiunge il clarinetto in pieno e libero fraseggio a ritagliare una melodia che sa quasi di klezmer, contornata dalle frizzanti scale flamencate della chitarra e da un pungente gioco di spazzole. Seguono i caldi e intimi suoni pastello de I Giardini di Dioniso, con Mirabassi che segna l’armonia tenera e languida, ribadita dalla sei corde di Alfonsi e dagli accenti in punta di piatti di Kramer. Intrise di gioia e graziosa vitalita’ sono invece le saettanti trame armoniche di Chegou, una leggiadra bossanova con qualche mano di ridente malinconia, piu’ avvolgente e triste nei toni in Eu quero e’ sossego (brano riarrangiato dal repertorio del sassofonista e clarinettista carioca K-Ximbinho), sorta di ballata blues sudamericana che restringe il campo sulle terse note di chitarra di Alfonsi e sul vellutato e viscerale timbro del clarinetto di Mirabassi. Da questo punto in poi si comprende come l’album sia una studiata altalena di climi estroversi e radiosi e temi piu’ raccolti e malinconici, che prosegue con i ritmi tropicalmente accesi ma soffici di Struzzi cadenti (in cui Mirabassi varia straordinariamente sul registo acuto e grave), il pathos lento e sentimentale di Canto di ebano (dove chitarra e clarinetto si ritrovano soli a tu per tu), la scattante frenesia melodica, tra choro, bossanova e colta cameristica, di Ve’ se ghosta (brano degli anni Cinquanta composto da Waldyr Azevedo e Octaviano Pitanga), la soave delicatezza di 8 anni, nella cui flemma quasi si percepisce il lento fluire del tempo, l’articolato dinamismo di Arriverderci e grazie, composizione che sebbene inglobi anch’essa timbri sudamericani ripiega maggiormente su una sintassi e un’espressione jazzistica (lasciando cosi’ spazio al virtuosismo di Maiore, artefice di un bell’inciso individuale) e termina con le note solari, classicamente languide e acusticamente nostalgiche di Valsa brasileira del grande Chico Buarque. Alla fine e’ profondamente vero quanto dice e insegna il mio amico e direttore di “Musica Jazz”, Filippo Bianchi, ossia che la questione estetica musicale si riduce semplicemente alla distinzione tra “poesia” e “non poesia”. Cosicche’ il giudizio piu’ indicativo che si puo’ formulare riguardo a Canto di Ebano e’ che si tratta di un album d’assoluta bellezza e struggente musicalita’, intessuto non solo di raffinata tecnica e personalita’ ma anche e soprattutto d’intensa e purissima poesia.
Voto: 8/10
Genere: Creative Music / Modern Jazz
Musicisti:
Gabriele Mirabassi – clarinet
Peo Alfonsi – acoustic guitar
Salvatore Maiore – doublebass
Alfred Kramer – drums, percussions
Brani:
01. Chisciotte
02. I giardini di Dioniso
03. Chegou
04. Eu quero e’ sossego
05. Struzzi cadenti
06. Canto di ebano
07. Ve’ se gostas
08. 8 anni
09. Arrivederci e grazie
10. Valsa brasileira
Links:
Gabriele Mirabassi: www.myspace.com/gabrielemirabassi
Egea Records: www.egeamusic.com