River Mouth Echoes

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Sguardo vispo e ammaliatore, questa trentacinquenne brunetta non la diresti neanche norvegese. Performer vocale capace di flettere nel proprio registro le doti (in)naturali di Meredith Monk, Diamanda Galas e Joan Labarbara, Maja Sloveig Kjelstrup Ratkje e’ anche compositrice, manipolatrice elettronica e ingegnere del suono dal raggio d’azione quasi illimitato. Una sperimentatrice nuda e pura, che riesce brillantemente tanto nel campo delle installazioni sonore e multimediali quanto in quello delle nobili arti del “corpo in movimento”. Qualita’ che in una decina d’anni hanno lasciato il segno in un numero impressionante di collaborazioni (Lasse Marhaug, Frode Haltli, Jaap Blonk, Otomo Yoshihide, Matmos, Jazzkammer, Phantom Orchard, Alog, Harve Henriksen, Jaga Jazzist ) e prolifici progetti personali (tra cui Fe-Mail, SPUNK, Poing e il piu’ recente Trinacria). Dopo un cappello introduttivo del genere sfido qualunque neofita a non essere incuriosito dal personaggio, e neanche a farlo apposta, questo River Mouth Echoes cade proprio a fagiolo. L’album, infatti, e’ una sorta di autoritratto, una summa antologica di opere e composizioni inedite elaborate e registrate da Maja Ratkje in un arco temporale che va dal 1997 al 2007. Interessante e illuminante per l’ampio ventaglio di codici espressivi utilizzati, la raccolta si apre con le aspre e ficcanti frequenze noise-electronic di

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