Skeleton Tree

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Un album che suona come un epitaffio. Dentro solo ombre e figure di fantasmi. “Skeleton Tree” è un capitolo a sé stante nella discografia di Nick Cave. Un’elegia dolorosamente esistenziale ancorata alla perdita, tragica e accidentale, del figlio Arthur appena quindicenne. Per parlarne e raccontarcelo Nick Cave si è blindato nella privacy di una pellicola, “One More Time With Feeling”, diretta da Andrew Dominik e messa in circolazione a settembre, quando anche il disco ha visto finalmente la luce. Se volete sapere che tipo di uomo e artista è ora Nick Cave recuperate il film e confrontatelo con il precedente, bellissimo, “20,000 Days On Earth” del 2014. Tra i due documenti c’è lo stesso abisso che divide il processo creativo di “Push The Sky Away” dal doloroso parto di “Skeleton Tree”. Se è vero che certe vicende cambiano la vita per sempre, ancor più vero è il fatto che in quest’opera Nick Cave investiga l’idea e il sentimento della perdita con modi e toni diversi. “Skeleton Tree” è un deliberato tentativo di autoanalisi perseguito nei meandri di un suono essenziale. Austero e sommesso, certo, ma non privo di accorgimenti ed elementi che rendono queste otto tracce qualcosa di inconsueto rispetto al passato.

Sostenuto dalle proteiformi capacità, strumentali e organizzative, di un Warren Ellis sempre più prezioso e insostituibile, Nick Cave sembra rinascere come interprete e come autore. Una ri(e)voluzione artistica imperniata su testi più contenuti, eppur sempre flussi di coscienza solcati spesso da una vocalità tanto fragile e tremula da non reggere il respiro (si ascoltino Girl In Amber e I Need You). Il freddo e macabro vento di Jesus Alone solleva polvere dronica e camerismo ambient, spettri che ululano intorno e riappaiono nel refrain plumbeo di Rings Of Saturn, attraversato da siderali luccicanze di piano, linee d’organo e sintetizzatori. Gli stessi strumenti che con rumori di fondo ed effetti digitali accompagnano la livida rarefazione e rassegnazione di Magneto, il cui mood degrada verso le sorprendenti e vaghe sembianze post-rock di Anthrocene, dove la voce piange virile all’interno di una ballad tetra e minimale. Distant Sky è invece una ferita ancora aperta e sanguinante; la voce sussurante di Cave pare addirittura non avere la forza di continuare e così scambia il testimone con quella dolce e lenitiva di Else Torp. Subito appresso l’ultimo fiore sul sepolcro, la flemmatica afflizione di Skeleton Tree, da ascoltare senza dire più nulla.

 

Voto: 7/10

Genere: Songwriting / Experimental Ambient

 

 

Musicisti:

Nick Cave – vocals, piano, electric piano, synthesiser, vibraphone, backing vocals

Warren Ellis – synthesiser, loops, electric piano, piano, baritone tenor guitar, violin, viola, backing vocals

Martyn Casey – bass

Thomas Wydler – drums

Jim Sclavunos – percussion, vibraphone, tubular bells, backing vocals

George Vjestica – acoustic guitar, backing vocals

Else Torp – additional vocals #7

Ellie Wyatt – violin

Charlotte Glason – viola

Joe Giddey – cello

 

 

Brani:

01. Jesus Alone

02. Rings of Saturn

03. Girl in Amber

04. Magneto

05. Anthrocene

06. I Need You

07. Distant Sky

08. Skeleton Tree

 

 

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