Tour e disco ‘italiano’

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A volte capita. E quanto succede, un musicista, per sua malaugurata sorte seguace di un Philly Jo Jones o di un Ron Carter, nonche’ di tutta la loro discendenza, dimentica in un attimo fatica, frustrazioni, inseguimenti di varia natura a direttori artistici piu’ o meno improvvisati, investimenti economici in un settore per definizione poco redditizio, lotte a’ la Davide contro Golia con gli emergenti di tutti i talent show nazionali e internazionali. Si’, perche’, alla fine, per un musicista la ricerca della felicita’ (musicale) trova la sua realizzazione nel momento creativo condiviso con chi “capisce” i suoi pensieri e anzi, spesso, li anticipa.


Questa storia inizia come una barzelletta… C’era un napoletano e un lucano in trasferta a New York. Il primo e’ il giovane batterista Elio Coppola, l’altro il degno compare contrabbassista Giuseppe Venezia. Invitati nella Grande Mela in occasione degli Italian Jazz Days, i due ne approfittano per unirsi alle numerose jam sessions organizzate nei locali newyorkesi. E qui si imbattono, con somma gioia, in un giovanissimo pianista poco piu’ che ventenne. Emmet Cohen, nella citta’ dei pianisti, e’ piu’ che una promessa. A 22 ha gia’ l’esperienza di un veterano, tecnica straordinaria, la visione armonica di un “quarantenne” e la disponibilita’ che solo i grandi artisti hanno.


Ai nostri non sembra vero, tant’e’ che il primo pensiero e’ quello di documentare la fortuna che gli e’ capitata con un disco. Fissano faticosamente una sala per la seduta di registrazione, ma succede l’imponderabile. Non la fine del mondo, ma poco ci manca. Un uragano riempie d’acqua New York, lascia senza luce 8 milioni di persone, costringendo tutti dentro casa. I due non possono uscire dall’albergo. L’occasione sembra perduta per sempre. Tornano in patria, ma non si perdono d’animo. Organizzano un breve ma intenso tour al giovane Emmet e lo invitano in Italia.


Arriviamo cosi’ ai giorni nostri. Attirati dalla curiosita’ e dai pochi video presenti in rete, assistiamo ad uno dei concerti del trio. In molti in Campania hanno approfittato della ghiotta occasione. Uno dei lungimiranti e’ Ennio Forte, patron del MusicArt di Napoli.


Cohen-Coppola-Venezia e’ un trio che funziona a meraviglia. Cio’ che colpisce subito e’ la splendida intesa, nata quasi per caso, considerate le poche occasioni che hanno avuto i tre per cercarla. Cohen ha un innato senso della melodia, cerca con insistenza la cantabilita’. Ha un approccio tematico al materiale musicale che e’ proprio di chi non ha nessuna “preoccupazione” armonica. Crea stimoli ritmici continui agli altri due che mai cadono senza essere colti.


Il repertorio spazia dagli standard del periodo “classico”, trattati con intelligente originalita’ (“It’s alright with me” di Cole Porter), a pezzi tratti dal primo disco di Cohen (“In the element”, Bada Beep Music, 2011), fino a un’ammiccante “Nun e’ peccato”. Struggente la versione in piano solo di “Be my love”, canzone americana portata al successo dal tenore Mario Lanza e che ha suscitato l’entusiasmo commosso del giurato Danilo Perez nel corso dell’esibizione per la Thelonious Monk International Piano Competition 2011.

 

La sezione ritmica asseconda e rilancia le proposte di Cohen e spesso si esalta. Coppola e Venezia sono ormai due certezze del jazz italiano. Entrambi cresciuti moltissimo proprio grazie a questo tipo di collaborazioni, alla permanenza all’estero e all’attivita’ di direzione artistica (su tutto “Jazz Inn Capri” per il primo e “Basilijazz” per il secondo) che ha permesso loro di conoscere la macchina dall’interno.


Tredici date in dodici giorni in tutto il Sud Italia e un disco, che non vediamo l’ora di ascoltare.


MusicArt

Napoli, 8 marzo 2013

 

Emmet Cohen, piano

Giuseppe Venezia, contrabbasso

Elio Coppola, batteria

Photo: Giuseppe De Lollis