Un video di letteratura

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Il nuovo video del cantautore toscano si intitola “L’Orrore” e poggia l’attenzione su Elsa Morante. Un romanzo, “La Storia”, che Marco Cantini cerca di raccontarci con un nuovo brano che ha pubblicato da pochi giorni ed ha già avuto importanti riscontri di critica e di pubblico. Nel video anche la bellissima attrice Valentina Reggio e vediamo apparire (e non solo in video, ovviamente, ma anche in produzione) il violinista Francesco Moneti (Modena City Ramblers, Casa del Vento), che da tempo collabora con Cantini. Una produzione che probabilmente apre le porte per un nuovo lavoro d’autore che peraltro, a quanto pare, non abbandona il solito cliché impegnato e pretenzioso che Cantini mostra di padroneggiare con stile e gusto raffinato. Una canzone selettiva, di pubblico e di cultura. Noi ve la presentiamo in questa bellissima intervista.

 

 

 

La letteratura: credo che numerosi siano stati gli interventi pronti a cercare una connessione culturale e filosofica sulle tue scelte. Devi ammettere che il tuo fare musica è assai insolito per un’attualità fatta mediamente di meritocrazie concettuali. Non trovi?

Penso che la causa principale sia da ricercare negli artisti che ho ascoltato una vita, quelli che trasferivano nella canzone il bagaglio appartenuto da sempre alla letteratura, spingendomi alla curiosità, a cercare sempre di capire cosa si celasse dietro ad una frase o un riferimento. In poche parole, a prendere la canzone come qualcosa di maledettamente serio.

 

Che poi diciamoci la verità, Elsa Morante oggi, Andrea Pazienza ieri. Un romanzo dipinge immagini come un fumetto…

Alla base c’è sempre il potere evocativo delle immagini, che siano queste immaginate attraverso la lettura di un romanzo, o viste sotto forma di scansioni di sequenze cinematografiche che invece può regalarci un fumetto, in fondo poco importa. Quello che conta è la forma della narrazione, il modo con il quale le storie vengono raccontate, e chiaramente i contenuti. E certamente non è un caso, per quanto riguarda l’appeal esercitato sul sottoscritto, che in Andrea Pazienza fumetto e letteratura pura si confondessero nel suo genio.

 

Il disegno musicale di questo singolo: il testo si lega alla musica o viceversa? E chi dei due per primo ha preso spunto dal romanzo?

Dal romanzo ha preso spunto senz’altro solo la parte testuale. In ogni caso la fase creativa della scrittura mi porta a sviluppare sempre contemporaneamente testo e musica, e anche per “L’orrore” non ho fatto eccezioni. Raramente scrivo prima un testo in attesa di essere musicato, e mi risulta ancor più difficile la stesura di una musica nella quale inserire dopo delle parole, che spesso sento forzate perché sottoposte alla costrizione di metriche già dettate.

 

 

Che poi l’arrangiamento ha delle forti tonalità “medioevali”, un poco celtiche, un poco irlandesi (al di là del violino di Moneti che ho trovato spesso citato nella critica della rete). Credo che proprio tutta la scrittura cerchi un certo modo di oltrepassare i confini. Sei d’accordo? Come mai secondo te?

Probabilmente la melodia del tema strumentale che ho scritto – e chiaramente l’utilizzo del violino – può riportare a certi mondi sonori; che desideravo struggenti, solenni, fedeli alla drammaticità del testo. Poi l’ascolto di un bellissimo brano di Giancarlo Onorato – un artista che stimo moltissimo – mi ha fatto capire cosa desiderassi dalle percussioni in questa canzone: l’ottimo Fabrizio Morganti ha capito perfettamente, registrando una bellissima batteria assolutamente fondamentale per la riuscita del brano.

 

Una domanda forse più insidiosa di tutte: quanta autobiografia c’è nel raccontare un romanzo che hai fatto tuo?

In piena continuità con il disco precedente – almeno in questo – l’intento è sempre quello di raccontare le ingiustizie sociali, le vittime costrette a subire passivamente (in questo caso i tragici effetti di una guerra non richiesta). Ecco il motivo principale per cui ho scelto di realizzare un album tratto dal romanzo della Morante; a mio parere il vero obiettivo della scrittrice era proprio questo: restituire dignità alle vittime raccontando le loro vicende, quelle non scritte nei libri di storia. Quindi non c’è autobiografia in questo progetto, bensì ci sono piccole storie di destini individuali che raccontano molto bene le miserie di un tempo.