L’omaggio a Billie Holiday della cantante salernitana

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Ospitati all’ interno dell’ ampia rassegna dicembrina “I giorni delle Calende”, i concerti jazz  organizzati dall’ Otto Club, con la direzione artistica dell’infaticabile, inarrestabile (pur tra mille, mille difficoltà) Maria Lucci, sono, come al solito, una garanzia.
Questo, ascoltato al volo dopo una giornata congestionatissima come non può non essere un 21 dicembre in una città come Napoli, si è rivelato una piccola delizia, che sarebbe stato un peccato perdere.
Perché c’è chi può e chi non può. E Giusy Del Pezzo un omaggio al songbook di Billie Holiday se lo può permettere. Di più: il suo approccio al canto jazz  spumeggiante ma avvertito, di slancio ma anche di spessore, la sicurezza e il controllo dell’intonazione, la timbrica squillante ma ricca di sfumature, hanno riconciliato il pubblico – un ampio drappello di irriducibili – con un’ idea piuttosto militante,  diciamo così, nonché immediata e perché no festosa di jazz.
Festosa si, con un certo swingare tipo Anita O’Day e con allusioni addirittura, per dire, a Doris Day, a dizioni a tutto tondo, ad una dimensione della song statunitense “leggera” anni Cinquanta, grosso modo, così vicina o simile al jazz più di quanto forse il novanta per cento del jazz di oggi non sia vicino o simile a se stesso.

Che poi però uno potrebbe dire che c’entrano questi riferimenti stilistici con il mondo divino e straziato di “Santa Billie”, come recitava Stefano Benni. E invece l’angolatura è apparsa, nonché pertinente (pertinente, perché tutte, all’epoca, “inseguivano” la Holiday, quasi ignare di come lo sforzo fosse inutile, e quasi ignare di come la differenza col modello fosse però fertile), direi sdrammatizzante e propositiva. Istruttiva. Nondimeno la sublime “You  go to my head” ha impegnato  la talentuosa vocalist campana (è nata ad Angri, in provincia di Salerno) in una prova di particolare intensità espressiva. Lo stesso va detto a proposito dell’ inarrivabile, soffertissima “Strange fruit”. Ma  anche nell’esecuzione di classici come “Lover Man”,  “Don’t explain”,  la difficile  “I’m fool to  want you”  la Del Pezzo è parsa sempre intenta a trovare la giusta chiave interpretativa, ma anche il giusto clima emotivo. Supportata, quasi sorretta, dalla bravura dei musicisti del suo quintetto, veri specialisti di    q u e s t o   jazz, e cioè  Giulio Martino al sassofono tenore, Ivano Leva al pianoforte, Marco De Tilla al contrabbasso e Leonardo De Lorenzo alla batteria.
Un bis sarebbe stato graditissimo, ma purtroppo non c’è stato.

Otto Jazz Club presso Centro di Cultura Domus Ars, Napoli
21 dicembre 2015

Giusy Del Pezzo Quintet

Giulio Martino, sassofono tenore
Ivano Leva, pianoforte
Marco De Tilla, contrabbasso
Leonardo De Lorenzo, batteria