Da piccola giocavo con i bottoni…

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Questa è la storia di una bambina, ormai diventata donna, e del suo inseparabile amico, il pianoforte. Giulia Mazzoni nasce a Prato il 15 marzo 1989. Un’infanzia serena, trascorsa tra gli affetti famigliari e la scuola. E proprio un giorno alle elementari, durante la ricreazione, Giulia sente per la prima volta il suono melodioso dello strumento che l’avrebbe accompagnata nella sua crescita. Quelle note sarebbero ben presto diventate l’angolo segreto nel quale trascorre tutti i secondi, minuti, ore disponibili.

Giulia intraprende così i primi studi musicali presso la scuola comunale “G.Verdi” di Prato, per poi proseguire  presso l’omonimo conservatorio di Milano, dove attualmente studia. 

Il suo primo spettacolo risale all’età di sedici anni: l’enfant prodige del pianoforte cura, infatti, gli arrangiamenti e l’esecuzione di alcuni brani per lo spettacolo “Premio Fairplay”.Nel frattempo, la giovane artista intraprende un’intensa attività concertistica, che la porta a suonare, in veste di solista, in numerosi teatri e locali. E pian piano, Giulia vede realizzarsi il sogno di diventare un’affermata musicista.

Nel 2011 la svolta: viene rappresentato presso il Teatro Metastasio di Prato e presso il Teatro Buratto del Pime di Milano “Il viaggio: dialogo tra musica, pittura e parola”, interamente scritto e diretto da Giulia Mazzoni. Lo  spettacolo diventa il vero trampolino di lancio per l’artista, la cui carriera pare ormai in assoluta ascesa.

Lo scorso 15 ottobre Giulia Mazzoni si è esibita al celeberrimo “Blue Note” di Milano, dove la pianista toscana ha presentato i brani del suo album d’esordio, dall’originale titolo “Giocando con i bottoni”.

In attesa dell’altro attesissimo appuntamento, quello al Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, previsto per il prossimo 2 dicembre, Soundcontest ha incontrato l’artista per un’intervista a tutto  tondo, in cui Giulia spiega come la sua musica scaturisca da un insieme di emozioni e di trasposizioni tra presente e passato.

La storia di una bambina ormai divenuta donna. La storia di uno strumento musicale che, da semplice compagno di gioco, si è trasformato nell’elemento chiave della vita e della carriera di Giulia.



 

S.C.: Giulia, sei reduce da una strepitosa serata in un locale tra i più “cool” e leggendari, il Blue Note. Come ti senti?

G.M.: E’ stata un’esperienza unica ed indimenticabile. Oltre ad avere avuto la soddisfazione di presentare i brani
del mio album d’esordio “Giocando con i bottoniI(Bollettino / Artist First), ho voluto rendere omaggio ad alcuni musicisti del mondo classico, contemporaneo ed elettronico come Fryderyk Chopin, Michael Nyman e i Daft  Punk.

Come inquadreresti il tuo stile musicale?

Credo possa essere definito come un inedito esperimento sonoro che combina note classiche e moderne. Ad esempio, sono riuscita a fondere in un unico brano l’ultimo successo dei Daft Punk “Get Lucky” con la  composizione “Valzer op. 69 n.1” di Chopin.

Prima hai citato il tuo album d’esordio, il cui titolo, “Giocando con i bottoni”, è parecchio originale…

Infatti si tratta di un disco particolare, qualcuno lo ha addirittura definito onirico, perchè
risveglia mondi e ricordi antichi con immagini proprie del sogno. Il linguaggio appare semplice, fresco e istintivo. Contiene quattordici brani per solo pianoforte, tutti  interamente composti da me. Il titolo dell’album riprende la seconda traccia, a cui peraltro sono particolarmente affezionata: quando ero una bambina amavo giocare per ore con
dei bottoni colorati. È strano ed affascinante rendersi conto di quanto questi oggetti, che sembrano così piccoli ed insignificanti, per un bambino possano essere unici e preziosi. La stessa emozione di stupore l’ho provata quando ho visto per la prima volta un pianoforte. Mi è sembrato la cosa più bella del mondo.

Vuoi ricordare qualche altro brano presente nel disco?

In generale posso dire che ogni traccia risulta essere una fotografia di vita, un dialogo spontaneo con il  pianoforte, da cui affiorano istanti preziosi e ricordi appartenenti al passato e comunque indelebili. Lo strumento musicale diventa quindi uno strumento per la psicanalisi e per la conoscenza personale.

Mi piace citare, per esempio, “Omino rosso”: questa composizione è ispirata ad un’immagine della mia infanzia, una statua di terracotta che era nel giardino di mia nonna e rappresentava un bambino intento a pescare. Ogni volta che mi fermavo a guardarlo sembrava volesse comunicarmi qualcosa, che avesse un’anima, così ho immaginato che desiderasse diventare un bambino vero, uscendo dalla pietra che lo imprigionava.

Anche “L’ultimo caffè” è  un pezzo molto intimo e profondo. Esprime l’idea dell’addio, che può tradursi nel  saluto ad una persona importante, ad un sogno, con la speranza di poterli un giorno ritrovare.

Particolare, soprattutto per quanto concerne il suono, è “Elefantino di pezza”: questa composizione è stata scritta e pensata per piano toy, uno strumento giocattolo nato per i bambini ma utilizzato anche da molti  compositori contemporanei.

Perchè la scelta di avvalersi, musicalmente parlando, di uno strumento così apparentemente  semplice?

Hai detto bene: apparentemente. In realtà il piano toy ha un suono che rimanda a quello del carillon e al mondo dell’infanzia. Nel caso del brano che ho menzionato, con soli venticinque tasti ho cercato di ricreare l’immagine di un elefantino di pezza, che diventa  il simbolo del mondo infantile.

Il primo singolo estratto da “Giocando con i bottoni” (per la programmazione radiofonica) è, invece, “Piccola Luce”.

Esattamente. Si tratta di una composizione che traduce in note l’idea della speranza e del coraggio di rialzarsi dopo un
periodo buio. Il relativo video, diretto da Federico Monti e realizzato da Quelquechose (factory creativa coordinata dal regista Marco Pozzi, narra, attraverso l’innovativa tecnica del cinemagraph, la storia di una giovane prostituta.

 

Passato e presente si mescolano nelle tue composizioni: una visione molto romantica della vita e della musica…

Io ho per natura un animo estremamente romantico: ogni istante raccolgo dentro di me emozioni, che  successivamente amo rivisitare; il pianoforte è lo strumento
musicale con cui dialogo e attraverso il quale esprimo ciò che provo. Il processo
compositivo risulta in tal modo molto spontaneo, così come spontaneo, quasi un
gioco, è stato il mio approccio alla musica. Ho udito le prime note di un
pianoforte da bambina, alle elementari, durante una ricreazione: da allora non
me ne sono più separata. E’ la mia vita.

In attesa dell’appuntamento di Roma a inizio dicembre, il
26 ottobre riceverai invece, a Livorno, il “Premio Piero Ciampi 2013” per la categoria
“Miglior Cover”.

Sono davvero felice di ricevere questa onorificenza, che da anni è
sinonimo di qualità musicale
. Piero Ciampi è stato un artista importante per il panorama musicale
italiano ed aver vinto un premio intitolato a lui grazie all’arrangiamento di
un suo brano è per me un grande onore.