La bellezza è nell’essenza

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L’essenza. Il nuovo disco di Francesco Garito sfoggia solo l’essenziale. E non va oltre per quanto gli arrangiamenti di chitarra firmati da Stefano Cantarelli cerchino di dare un bello “discografico” al dialogo musicale. L’equilibrio di pochi musicisti, essenziali nelle stesure come nei suoni, fa il compito di rendere questo disco dal titolo “L’Attesa” un lavoro di dedizione e di pazienza, un disco di ascolto e di dettaglio. Bellissima anche il tributo che Garito dedica a Francesco De Gregori con la sua versione in minore de “Il panorama di Betlemme”. In rete il video di lancio del singolo “Fahrenheit 451”, ovvio rimando d’autore. Ecco però che se dalla musica Garito e i suoi hanno saputo pretendere e restituire in pieno il messaggio e il design, dal video si perde appena tutta questa poesia di forma. Per quanto casuale e minimale forse avrebbero dovuto pretendere di più…ma la musica si ascolta. Quel che si fa vedere è invisibile agli occhi…

 

 

Mi colpisce moltissimo questo suono che indicherei “maleducato” – come ho letto su alcune recensioni uscite. Che scelta è stata?

Una scelta di verità nel senso che volevo che il disco suonasse esattamente come lo stavamo arrangiando live, non volevo altre soluzioni, non avrei fatto uscire il disco se non fosse stato così. Come ho già detto lavorare in analogico mi ha dato la possibilità di fotografare esattamente quello che stavamo suonando e questo ha influito moltissimo anche sulla poetica del disco.

In alcuni punti sembra scappare il tempo, sembra che l’arrangiamento sia un poco “casuale” e questo invece di infastidire sembra quasi arricchire di emozione. Tu come la vedi?

Si è come dici, in certi passaggi magari il tempo non è preciso ed alcuni piccoli abbellimenti sono venuti in sala registrazione lì per lì seguendo l’istinto ed il sentimento del momento ma questo ha dato una poesia ed un umanità difficilmente ottenibile in maniera differente. Vorrei aggiungere che mentre stavamo registrando ci siamo resi conto subito che questo modo di lavorare stava dando delle belle sensazioni.

 

Cosa spinge un cantautore a musicare poesie di altri? In questo disco ce ne sono ben due di poesie che hai reso canzone…

Ho sempre avuto un debole per le poesie e nel caso specifico dicevano esattamente quello che io avrei voluto dire ma probabilmente meglio di come avrei potuto fare io, poi avevano già una certa loro melodia nel leggerle quindi è stato naturale musicarle.

“L’Attesa” è un lavoro che suona istintivo ma sembra assai pensato e misurato. Un sapore “agrodolce” che vorrei ci spiegassi…insomma, il cantautore sembra aver concimato col tempo ogni dettaglio ma il musicista sembra aver suonato una sola volta ogni brano…

In realtà i brani li ho suonati e tanto, magari più che un musicista mi definirei un musicante in ogni modo è un lavoro maturato col tempo (sei anni) su cui ho potuto lavorare ed esprimermi in piena libertà senza alcuna pressione o urgenza particolare, volevo dire qualcosa e volevo dirla nel miglior modo possibile senza badare a nulla.

 

Perché De Gregori, perché l’urgenza di un omaggio…perché poi quel preciso brano?

Non so se si tratta esattamente di un omaggio e non so quanto il Principe sarebbe felice di una tale celebrazione! ma ammetto che De Gregori è sempre stato un mio riferimento sin dalla tenera età.

Il testo di questa canzone mi è sempre piaciuto, evocativo e straziante, avevo sempre suonato a modo mio il pezzo ed in un momento particolarmente doloroso mi sono rifugiato in questo brano.