Chiudere il cerchio per ripartire…

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Ternana di nascita, bolognese d’adozione, brasiliana d’ispirazione, Cristina Renzetti e’ una vera cittadina del mondo, oltre ad essere una delle maggiori interpreti italiane del repertorio musicale brasiliano. Molto attenta alle nuove tendenze, oltre che aperta all’influenza dei grandi compositori brasiliani, ha accettato di farsi intervistare da Sound Contest per parlarci della sua musica.

 

S.C.: Cristina italianissima, da dove nasce la collaborazione con Papia?

C. R.: Con Rocco Papia, compositore e chitarrista bolognese, ci siamo conosciuti per caso una sera, doveva essere il 2001, in piazza Santo Stefano a Bologna. Io ero al primo anno di universita’ e, insieme a due cari amici appassionati di musica brasiliana d’autore, avevo montato un gruppo, i Festa de Rua, con cui suonavamo nei locali della zona, per lo piu’ reinterpretazioni di brani brasiliani. Mentre suonavamo seduti su un muretto della piazza lui si avvicina e ci fa: “ma questo e’ un pezzo di Chico Buarque!”. Di poco piu’ grande di noi, era gia’ un chitarrista professionista ma suonava soprattutto musica dell’est. Nel gruppo avevamo bisogno di un bassista e lui quel giorno, lusingandoci molto, si propose e venne assoldato nel gruppo. Scoprii poi che non aveva mai suonato il basso in vita sua, ma ovviamente noi neanche ce ne accorgemmo!

Poi dopo qualche anno con Rocco, questa volta alla chitarra, e’ nata l’esigenza di scrivere brani originali, in italiano e in portoghese, ed e’ nato il progetto Jacare’, con cui suoniamo da dieci anni ormai e che ha all’attivo due album, “La fuga di Majorana” e “Il Primo passo”.

 

Jacare’ apre le porte del Brasile facendoti apprezzare come artista in un paese straniero. Quale pensi sia stato l’elemento che i carioca hanno apprezzato nella tua musica?

Con il gruppo Jacare’ siamo stati due volte in tourne’e in Brasile, nel 2008 e nel 2009 per presentare il nostro primo album, “Il primo passo”. Siamo stati ricevuti con molto entusiasmo e curiosita’, perche’ presentavamo un repertorio di brani originali che per quel pubblico rimandavano a contenuti e sonorita’ nuove e distanti, ma che al tempo stesso attingevano a piene mani dalla “loro” musica. In piu’, essendo molti dei brani nostri in lingua portoghese, contavamo su una comprensione forse anche piu’ diretta e immediata di quella che avevamo col pubblico italiano. Nell’aprile del 2009 poi, a São Paulo, abbiamo avuto l’onore e il piacere di dividere il palco con Chico Cesar, l’autore di “Mama Africa”.

 

Cosa risuona dentro di te quando canti in portoghese, qual e’ il filo sottile che ti lega ad una cultura cosi’ distante?

Ho iniziato da adolescente, sempre per incontri casuali, ad ascoltare musica brasiliana e musica portoghese. L’accesso al mondo lusofono e’ avvenuto presto e da autodidatta, di pari passo con la pratica e lo studio del canto. Poi, mentre studiavo Lettere a Bologna, sono stata sei mesi in Portogallo con il programma Erasmus e li’ ho approfondito anche la letteratura e la grammatica della lingua. Negli anni successivi, avendo vissuto sempre avanti e indietro tra Italia e Brasile, parlare e cantare in portoghese e’ diventata una pratica piuttosto consolidata e naturale. E comunque, non credo siano culture cosi’ distanti, anzi! Il Brasile e’ lontano geograficamente, ma culturalmente ha un’anima anche fortemente europea, sia per l’eredita’ portoghese, sia per i piu’ recenti flussi migratori, di moltissimi italiani peraltro. In piu’ le due lingue sono formalmente sorelle e tra quelle neolatine sono forse le due che “cantano” di piu’, sulle vocali, ampie e aperte. Quindi, forse, il filo di cui parli e’ proprio la musica, il canto, la melodia.

Ad ogni modo, oggi studiando la tradizione belcantistica e pensando a un nuovo progetto tutto italiano, sento di dire che cantare nella propria lingua, almeno per chi fa canzoni, e’ una buona strada per cercare la propria autenticita’ musicale.

 

La prima cosa che hai pensato mettendo piede in brasile?

Qui la gente sorride di piu’!

Sono atterrata in Brasile per la prima volta a diciotto anni, per un viaggio turistico, diciamo, di un paio di settimane, andavo a trovare un ragazzo che avevo conosciuto in Europa. E sono tornata a casa con una valigia piena di dischi! La seconda volta, dopo sei anni, poche ore dopo l’atterraggio mi sono precipitata ad una “roda di samba” nel centro di Rio: in quel primo giorno ho conosciuto molti bravissimi musicisti della citta’ che sarebbero poi diventati miei compagni di musica per gli anni a seguire, uno tra tutti Sergio Krakowski, uno dei pandeiristi piu’ affermati del paese, che e’ stato il piu’ importante compagno di musica e di vita brasiliana, nonche’ produttore del mio primo disco da solista.

 

In che direzione vanno le nuove generazioni brasiliane?

Mah, difficile rispondere brevemente. In Brasile stanno succedendo molte cose, molte delle quali io non riesco ad accompagnare. In generale, le nuove generazioni brasiliane (parlo soprattutto di autori di canzoni) devono sicuramente fare i conti con la grande tradizione di padri, madri, fratelli e sorelle maggiori della Musica Popular Brasileira, che nel secolo scorso hanno scritto una grande pagina della storia della canzone mondiale, penso a Tom Jobim, Chico Buarque, Caetano Veloso, Noel Rosa e moltissimi altri. Questo da un certo punto di vista e’ meraviglioso e stimolante. Dall’altro, come accade per ogni tradizione importante, e’ un peso e una responsabilita’ per gli artisti delle generazioni future. È l’annosa questione e la grande sfida di fare “qualcosa di nuovo”, essere contemporanei, possibilmente inglobando la tradizione e andando oltre.

Io conosco da vicino un collettivo di artisti di Rio de Janeiro che con coraggio e determinazione sta intraprendendo questo percorso. Per fare alcuni nomi: Thiago Amud, Sergio Krakowski, Armando Lobo, Edu Kneip. E poi, eccezionali, i giovani virtuosi della musica strumentale, che ormai calcano i palchi di tutto il mondo come Yamandu’ Costa e Hamilton de Hollanda. Se capitate il lunedi’ sera al “Bar Semente” della Lapa, un piccolo locale nel quartiere boemio di Rio, rischiate di trovarli tutti li’…

 

Il 2011 e’ stato l’anno di svolta che ha visto la tua personalita’ musicale prendere una strada piu’ definita. In che termini e’ stata richiesta la tua partecipazione al “Som Brasil” della Tv Globo, tra l’altro come prima artista straniera di sempre?

Nel marzo del 2011 ho fatto una “temporada”, un fisso settimanale, in un bel club di Rio, il “Lapinha” che ora credo non esista piu’, in cui presentavo la mia band e il mio nuovo lavoro in cantiere. Alla fine del mese ho ricevuto una mail dalla redazione del “Som Brasil”, un programma storico della Tv Globo brasiliana in cui quattro artisti, normalmente due emergenti e due affermati, rendono omaggio a un grande compositore della storia della MPB. In quel caso si trattava di Jackson do Pandeiro. Io ero emozionatissima e lusingata, ovviamente, ho anche subito pensato, e credo l’abbiano scoperto solo quando ho presentato il passaporto, che non sapessero che io fossi italiana-italiana e non discendente di italiani (il mio nome e cognome potrebbero essere benissimo brasiliani di seconda generazione!).

È stato un grandissimo onore e una grande gioia cantare dal vivo tre brani di Jackson con una band meravigliosa (tra cui la bravissima clarinettista e amica Joana Queiroz, il bassista Guto Wirtti, Mestre Durval) e avere nel palco di fronte Lenine, che e’ uno degli artisti di quel Paese che piu’ amo e ammiro.

 

Il 2011 e’ anche l’anno di uscita del tuo primo lavoro da solista. Possiamo parlare di contaminazioni?

Beh, direi proprio di si, di convivenza forse direi, di piu’ mondi musicali e linguistici che abitano il mio piccolo universo artistico. Nelle dieci tracce di “Origem e’ giro” ci sono sei brani inediti in portoghese di compositori brasiliani della nuova generazione, due canzoni del folklore italiano, in griko e in abruzzese e due brani miei, in italiano. A dire il vero, uno di questi, “Transatlantica” e’ in italiano e portoghese al tempo stesso. È un esperimento musicale che forse e’ l’esempio piu’ chiaro di questa convivenza. Il testo, graficamente uguale nelle due lingue, e’ cantato dalla voce principale con la pronuncia italiana e sovrainciso con una take con la pronuncia brasiliana. Uno dei versi, “lingua patria unica”, cantato all’unisono in portoghese e italiano, e’ una dichiarazione di appartenenza linguistica e musicale alle due patrie, detto pero’ in un unica voce!

 

Interessante il “Fado de bandarra” alla traccia 6 di “Origem e’ Giro”, ne trattiene la componente intimistica, ma suggerisce un leggero sentore di elettronica. Come consideri questo genere di tendenze e quanto le trovi attinenti al tuo percorso?

“Fado de Bandarra” e’ un brano di un bravissimo compositore e amico carioca, Thiago Amud. È un fado scritto da un giovane brasiliano, quindi e’ per sua natura gia’ meticcio. È stato registrato con il chitarrista Giancarlo Bianchetti in piu’ take: una chitarra classica scandisce il tempo cadenzato tipico del fado e un tappeto di chitarre elettriche vorrebbero evocare i movimenti ora ampi ora improvvisi dell’oceano. “Mar que separa”, “mar que prepara”, “mar que depara” recitano gli ultimi versi delle tre strofe del brano. Il mare, visto dall’Europa, che separa dal nuovo continente, il mare che prepara l’arrivo e promette e il mare che mette di fronte al nuovo.

È un brano sul grande oceano come luogo per eccellenza dei viaggiatori e dei naviganti. Parla della promessa di un mondo nuovo e del Portogallo, che per me e’ una terra molto cara. Partendo dall’Italia con destino Brasile, il passaggio da li’ era obbligato!

 

Hai dichiarato che per trovare la tua strada hai dovuto partire ma necessariamente tornare, come dire, chiudere il cerchio o “Giro” come lo chiami tu. Come hai trovato l’accordo tra la musica lusofona, brasiliana e quella popolare italiana?

L’accordo direi che sta nel mio percorso di questi anni fatto di erranze, di scoperte e di amore per questi luoghi e queste musiche. “Origem e’ giro” e’ un verso palindromo di Armando Lobo, l’arrangiatore del disco. Mi piace l’idea che si possa leggere da sinistra a destra e poi tornare a leggero all’indietro e cosi’ via. Come a dire che questo viaggio tra la mia terra d’origine e il Brasile non ha come obiettivo una meta, ma il fatto stesso di compierlo, di “girare”, e’ il fine principale del viaggio. E in questo girare io sto cercando di costruire la mia identita’ musicale. Non e’ un caso che il prossimo lavoro sara’ tutto italiano, un ritorno a casa. E poi magari si ripartira’ oltremare, chissa’.

 

Senti riconosciuto il tuo lavoro in Italia? Parlaci delle tue collaborazioni.

Mah, credo che vivere di musica in Italia oggi sia difficile per tutti. Penso di aver condotto in questi anni un percorso ricco di esperienze e collaborazioni in Europa e in Brasile, con uno spirito di studio e di ricerca che ho imparato dai miei colleghi, maestri e compagni di strada in molti anni di vera e propria gavetta. Forse, in un altro momento storico, questo bagaglio di esperienza mi avrebbe portato ad avere piu’ riconoscimenti e attenzioni. Ad ogni modo, nonostante gli spazi per presentare i propri lavori siano sempre piu’ esigui e fare dischi oggi sia un’operazione quasi obsoleta, cerco di portare avanti diversi progetti, vecchi e nuovi: lo storico Jacare’, il Clan Atlantico, un gruppo leaderato dal pianista Stefano De Bonis, l’anno scorso e’ uscito l’album D84 e il Cristina Renzetti Quartet con Pasquale Mirra, Marco Frattini e Davide Garattoni con cui propongo, rivisitandoli, i brani di “Origem e’ giro”.

L’ultima novita’ e’ un nuovo trio sulla musica di Tom Jobim, “Correnteza”, con due grandi musicisti e interpreti di musica brasiliana, Roberto Taufic e Gabriele Mirabassi.

 

Parliamo di altre esperienze significative per te, che tipo di impegno richiede lavorare alla colonna sonora di un film?

Due anni fa sono stata contattata da Daniele Furlati, pianista e compositore bolognese che conosco da tempo, che insieme a Marco Biscarini stava lavorando alla colonna sonora di “Un giorno devi andare”, il nuovo lavoro di Giorgio Diritti. Il film era ambientato in Brasile e cercavano una voce per interpretare “Rosa”, un classico dello “choro”, del maestro Pixinguinha. Il brano che e’ un walzer, serviva ad accompagnare una scena centrale del film, in cui c’era un ballo di gruppo, in piazza. Felicissima dell’invito, l’ho registrato su un bellissimo arrangiamento per banda, ma fino alla fine non si sapeva se e come sarebbe stato utilizzato, pareva vincesse, per motivi tecnici, la versione strumentale. Poi, grazie anche ad un bellissimo montaggio, si e’ optato per la versione vocale e devo dire che sentire la mia voce al cinema e’ stata un’esperienza davvero bella.

 

E dal punto di vista morale l’esperienza all’Istituto Penale Minorile di Bologna come si e’ tradotta nella tua musica?

Ho lavorato sette anni nell’Istituto Penale Minorile di Bologna, come tutor, attrice e aiuto-regia di un bravissimo regista bolognese, Paolo Billi. Li’ ho conosciuto la fatica e la bellezza di condividere e portare avanti un progetto con persone molto diverse e distanti dal mio mondo e dalla mia esperienza (ogni anno si mette in scena uno spettacolo da zero, da venti repliche, e che richiede un lavoro quotidiano di alcuni mesi insieme ai ragazzi detenuti, per lo piu’ stranieri). È stata un’esperienza umana enorme. Si impara ad avere molta pazienza, a mettersi in discussione e intraprendere un percorso personale contro il pregiudizio che, grazie al lavoro di Paolo, non assume un carattere moralistico o ideologico, ma e’ piuttosto basato su un “fare” comune, attraverso la lettura dei grandi libri, alla musica, alla scrittura e allo stare in scena insieme.

 

Cristina Renzetti qual e’ il tuo prossimo viaggio?

È da piu’ di un anno ormai che sto lavorando al mio prossimo album, che nelle previsioni dovrebbe essere quasi completamente autorale e “italiano”. Ho intrapreso questo nuovo viaggio tornando all’essenzialita’ della performance in solo, voce e chitarra, lo strumento questo con cui mi accompagno da sempre, soprattutto per lo studio e la scrittura musicale. Non vedo l’ora che il progetto veda la luce e lo possiate ascoltare!