Il beat digitale pronto per l’uso

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Dallo scenario futuristico industriale a quello dei videogame il passo è breve. Perché il mondo di Lubvic e di Kamoto San è un mondo plastificato, al massimo di alluminio, fatto di computer pensanti e di macchine “infernali” che sostituiscono l’uomo in tutto e per tutto. Parlando di musica, tutto questo e molto altro nel nuovo disco dei NODe dal titolo “Human Machine” uscito per la MyPlace Records. E per quanto la visione sia quella di un avvenire di robot e macchine volanti, le tematiche sono sempre molto terrene ed attuali: l’uomo nel suo peregrinare in questa vita.

Due chiacchiere con i NODe.

In rete anche il video del singolo “Soulsucker”. Il protagonista, manco a dirlo, è un robot.

 

Dall’esordio del 2011 ad oggi. I NODe chi o cosa sono diventati?

I NODe hanno cercato di rispettare le proprie dichiarazioni d’intenti, cercare di innovarsi e rinnovarsi passo dopo passo.

Abbiamo cercato di mantenere le nostre promesse artistiche e di farne sempre di nuove, cercando di portare l’ascoltatore per mano verso il nostro universo.

Siamo partiti con un disco embrionale “Tuning the untunable” in cui abbiamo steso un manifesto, nel quale abbiamo dichiarato sinceramente le nostre intenzioni. Nei dischi successivi abbiamo cercato di spiazzare il pubblico diventando sempre un po diversi, quel tanto che basta per restare trasversali al panorama musicale odierno, ma non è un puro vezzo, è il nostro modo di essere, non riusciamo a fare altrimenti, stiamo comodi negli spazi diagonali.

 

 

Da esperienze discografiche estere con le vostre precedenti pubblicazioni all’italiana MyPlace Records. Perché questo passaggio?

Abbiamo deciso sin dagli esordi di pubblicare esclusivamente all’estero, con una sorta di supponenza che riconosciamo, dettata soprattuto dalla delusione che negli anni ci ha regalato il nostro “Bel Paese” in ambito artistico… ma non ce l’abbiamo fatta a resistere, perchè noi siamo italiani ed amiamo la nostra nazione.

Dobbiamo ammettere che l’Italia ha ancora molta strada da fare sul versante musicale, noi siamo stati apprezzati molto all’estero, con svariate decine di migliaia di download dei dischi precedenti, in italia però riscontriamo ancora una forte resistenza, dovuta alle sonorità non propriamente “tradizionali” e ,forse, all’utilizzo dell’inglese nei testi.

 

Che risposta restituisce il panorama attuale? Dal primo Ep del 2012, paradossalmente, la scena è totalmente cambiata. Siete d’accordo?

Legandoci alla domanda precedente, si e no.

La scena italiana si sta evolvendo, ma se da un lato alcuni generi, da sempre molto attuali qui da noi, sono riportati in auge (mi riferisco al panorama new folk, indie-cantautoriale) non c’è un’educazione che vada di pari passo alle sonorità più internazionali e qui mi rivolgo ad una forma di canzone più vicina al pop, sdoganata da vincoli nazionalistici, come avviene in quasi tutte le nazioni europee e del mondo.

Alcuni esempi? Daft Punk, Air, Phoenix (francia) o DEUs, Soulwax (belgio)… e via dicendo.

Purtroppo l’Italia non esporta molto all’estero.

Va bene mantenere il nostro retaggio culturale, ma evitiamo di restare chiusi in noi stessi e rinchiuderci in confini creati da noi stessi.