Arriva nei negozi e per quella bella critica che lo stava aspettando, il nuovo disco dei THE PANICLES dal titolo che racconta già a pieno le linee guida di tutto il lavoro: “Simplicity: the universe (extended)”
11 tracce, di cui una è rivista e corretta in versione acustica. 11 snelle raffigurazioni di se in un momento forse di transizione per il trio veneziano che ha avuto grandi occasioni per spargere il loro seme oltre i confini italiani e che oggi, forse, par avere intenzioni di tirare una linea e riprendere da capo, consci e ricchi di un bagaglio già colmo di importanti esperienze. Un lavoro che suona internazionale, un lavoro che si lascia ispirare tantissimo da un certo pop rock inglese e irlandese dove si cade facilmente nel citare sempre i soliti grandi nomi. Ecco l’intervista per gli amici di SoundContest:
Un disco essenziale. Oggi che si rincorre al moderno e all’originale: voi come mai contro corrente?
Si, essenziale, ma noi non pensiamo che l’essenziale si opponga al moderno e all’originale. Oggigiorno tutte le nuove uscite musicali più importanti tentano di riprendere sonorità e idee degli anni ’50, ’60, ’70, insomma si va a pescare ovunque, eppure questo processo è guidato da un desiderio di innovazione, la maggior parte delle volte. Per il resto noi speriamo di aver fatto un lavoro originale, nella sua essenzialità, o almeno questo era il nostro proposito! Se ci siamo riusciti non possiamo certo deciderlo noi, ma crediamo fermamente di si!
Che poi il video del singolo “Simplicity” è esattamente innovazione, tecnologia, originalità. Tutt’altro che essenziale. Non è un controsenso?
Forse qui non siamo così d’accordo: il video di Simplicity è in animazione, ok, ma nello specifico non è animazione 3D all’ultimo grido, bensì 2D, in grafica piuttosto essenziale. Se risultasse comunque un controsenso, averlo realizzato così, allora sarebbe ancora meglio, perchè potremmo “dichiararlo” arte! L’arte è spesso (o sempre?) controsenso, provocazione: celare o svelare un concetto a volte è abbastanza indifferente, quanto sottile. Altrimenti, che fine farebbe la capacità interpretativa dello spettatore? Come farebbe ad “impadronirsi” realmente dell’opera? Ci stiamo abituando ad avere tutto sotto il naso (il web), quindi a gettarlo con la stessa rapidità nel cesso (sempre il web). Abbiamo ambito a creare qualcosa che “resti” più di quei 4 minuti che sono la sua durata, e secondo noi, il regista e animatore Davide Di Sarò ci è riuscito in pieno, con la sua interpretazione della nostra “semplicità”.
Cosa vi ha spinto a “ripartire” da un inizio? Cosa vi spinge dunque a ricercare l’origine?
Ci siamo messi a ricercare questa origine dopo che il nostro percorso come band ci aveva portato in maniera naturale ad avere bisogno di una svolta. Siamo contenti del modo in cui ci siamo arrivati e dei primi risultati ottenuti con questo disco. Prima ancora di entrare in sala prove le nostre riflessioni ci hanno accompagnato per varie serate assieme ad ascoltare musica, cercando di immaginare come volevamo far suonare la nostra nuova musica. E lei suona proprio come suonava nelle nostre teste. La confusione sociale/mediatica/economica/spirituale che avvolge noi, i ragazzi, le ragazze, ma anche gli uomini e le donne è tanta, non misurabile. Tornare a decifrare le proprie origini serve a mantenere un equilibrio con sé stessi e l’universo (ed è proprio questo, l’universo che dà il titolo all’album) per poter guardare serenamente, per quanto sia possibile, avanti.
E dopo tutta questa ricerca, tornerete ad inseguire la “complessità” delle cose?
Come dicevamo prima, dopo averci riflettuto così a lungo, ci siamo ormai convinti di essere sulla strada giusta, o almeno in quella che piace a noi. Quindi l’idea è quella di continuare così per i prossimi lavori, scavando, cercando e semplificando: probabilmente siamo solo all’inizio di un lungo processo che ci porterà chissà dove… Seguiteci e lo scoprirete con noi!