Insieme immaginiamo un trio…

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L’idea di questa intervista doppia è nata in occasione del concerto tenuto dal trio DANISE-MANZI-de LUISE il 29 novembre al New Around Midnight di Napoli. Abbiamo provato a porre (quasi) le stesse domande al giovane talento napoletano e al “pluridecorato” batterista romano. E dalle risposte le affinità non mancano…

 

 

 

 

Innanzitutto come vi siete conosciuti e com’è nata la vostra collaborazione?

MMHo conosciuto Danise in occasione di un’edizione del Premio Chicco Bettanardi a cui partecipò ed io facevo parte come di consueto della sezione ritmica. Trovammo subito una buona intesa musicale ed umana. Non molto tempo dopo nacque la nostra collaborazione live, con Tavolazzi al basso la prima volta.

VDHo conosciuto Massimo Manzi nell’anno 2006 quando vinsi la seconda edizione del concorso “Chicco Bettanardi – Nuovi talenti del Jazz italiano”. Manzi faceva parte della commissione giudicatrice ed era parte integrante della sezione ritmica messa a disposizione dall’organizzazione insieme ad Attilio Zanchi, per cui non potevi assolutamente improvvisarti jazzista, dato che ti accompagnavano due rocce del Jazz italiano.

 

Siete accomunati dall’amore per un jazz più mainstream, ma anche da una “tendenza” verso il rock. Per Massimo fa fede innanzitutto la militanza giovanile negli Agorà. Per Danise lo sguardo rivolto a gruppi che sono riusciti a coniugare i due generi, come i Radiohead.

MMHo amato tutta la buona musica fin da giovane, quella del passato grazie ai miei parenti e quella del momento grazie alla mia curiosità e, a volte, all’aiuto di amici. Il JAZZ da molti anni è il mio campo principale d’azione, ma non rinnego né rifiuto altre esperienze se interessanti, unico limite che mi do è l’evitare l’elettronica ed i drum set mastodontici ! E, a proposito, gli Agorà sono di nuovo in pista!

VDSì, ho sempre ascoltato i Radiohead e ho rivisitato qualche brano, la musica jazz più mainstream è importante per chi vuole suonare jazz, senza conoscere la tradizione non puoi divertirti quando ti allontani dalla tradizione. E’ fondamentale.

 

Per entrambi conta più l’improvvisazione che il genere. E l’improvvisazione trova senso nell’empatia che si stabilisce con l’altro. Per la serie, più ascolto reciproco e meno note.

MMCerto, si cerca di fare ciò che occorre e che abbia significato. Non disdegno, qualora motivate, momentanee complicazioni di linguaggio ma sempre in sintonia col resto della band e non per “dimostrare” ma solo per arricchire il senso di ciò che si esprime.

VDEsattamente, è come parlare con una persona o con un gruppo di persone. Immagina se ad un certo punto parlassimo tutti insieme e nessuno ascoltasse nessuno, senza pause, senza respiri, è come se rispondessi a questa domanda: dsofibifbdhfboifj nsf jazz… 🙂

 

Qual è la formazione in cui vi trovate più a vostro agio? Io direi il trio per entrambi. Sbaglio?

MMAmo tutti gli organici in cui ogni elemento interagisce con gli altri, il trio è vocato a questa dimensione, ma anche, all’estremo opposto, la big band !

 

VDSicuramente il trio, ma ultimamente anche in piano solo. Il trio mi permette di trovare il giusto equilibrio tra le parti, un dialogo perfetto per esprimere tutto quello che si vuole dire o non dire. Chiaramente meno siamo e più difficile è rendere bello e fluido quello che musicalmente si propone. Mentre in piano solo riesco a suonare tutto quello che voglio, entrare e uscire dalle strutture, suonare maggiormente brani originali.

 

Quello completato da Antonio de Luise è un trio che arriverà dove?

MMA Danise piace “immaginare” un trio… di volta in volta potrebbe differire, ma sicuramente con Antonio mi sono trovato bene ! Vedremo…

 

VDIl trio con Manzi nasce grazie al progetto “Immaginando un Trio”, di solito non suono sempre con gli stessi talvolta cambia bassista o batterista, talvolta si aggiunge un quarto elemento immaginando sempre un trio. Ma devo dire che suonare con Massimo e Antonio l’immaginazione diventa magica realtà…

 

Hai suonato con jazzisti di fama internazionale e sei uno dei batteristi più apprezzati in Italia e all’estero sia per le sessioni live che in studio. Del resto parla per te anche la tua sconfinata discografia. Secondo te qual è il tuo pregio musicale, quello che fa preferire la tua batteria?

MMUna certa versatilità (anche di “pensiero musicale”) e la mia cura del SUONO probabilmente sono fra i fattori importanti dell’essere richiesto. So pure a chi “non piaccio”, ovvero quelli che vogliono la batteria vincolata ad un ruolo molto rigido di puro “accompagnamento”… non faccio mistero di preferire un ruolo più interattivo col resto della band e che comunque non reprima la mia personalità.

 

Hai dalla tua anche un’intensa attività didattica. Però mi pare che tu non abbia una grande considerazione per le scuole di musica e (soprattutto) per i Conservatori.

MML’utilità delle scuole è fuori discussione anche se una buona didattica da sola non basta a garantire la riuscita “in toto” del musicista, che dipende pure da suoi fattori individuali ed anche esterni… comunque una buona didattica deve formare con una certa apertura, insegnando anche a dubitare, non imponendo dogmi personali dei didatti. Quanto ai Conservatori trovo abbiano ancora considerevoli problemi organizzativi e di attribuzione meritocratica delle cattedre.

 

Anche in questo siete simili. Nonostante i tuoi studi classici anche per te il Conservatorio dovrebbe insegnare in un altro modo… Cosa ti ha dato e cosa ti ha, diciamo così, tolto?

VDIl Conservatorio per me è stato come una seconda casa, dato che non ho mai posseduto il pianoforte a casa fino a qualche anno fa, e dovevo in qualche modo guadagnarmi l’aula per studiare in un ambiente fazioso e poco sensibile nei confronti di chi aveva bisogno di studiare, senza essere per forza figlio di un insegnate o parente di un politico o nipote del Direttore. Fortunatamente le cose sono cambiate con l’arrivo del Maestro Vincenzo De Gregorio e con l’istituzione della Consulta studentesca all’unanimità fui eletto rappresentante degli studenti e consigliere di amministrazione con diritto di voto, perché ero il più attivo. A quel punto molti “Maestri” con la puzza sotto il naso hanno dovuto ridimensionare il proprio ego e rispettare di più l’allievo, cosa che da quando ho finito il mio percorso di studi e lasciato il Conservatorio non accade più, purtroppo. Il Conservatorio in sé per sé non è riuscito a togliermi nulla in realtà, ma alcune persone sicuramente mi hanno dato e spero di essere stato all’altezza nel ricambiare.

 

Sei stato uno dei più stretti collaboratori di Renato Sellani, presente in circa 20 dischi del maestro. Un pianista che ha attraversato con il suo consueto garbo diverse epoche storiche rimanendo sempre attuale. Che ricordo puoi darci di lui? Cosa ti ha lasciato come uomo e come musicista?

MMImpossibile esaurire in poche righe l’eredità musicale e amicale di Renato. Ogni concerto ed incisione con lui e – di solito – Massimo Moriconi al basso era puro divertimento e all’insegna dei valori primari della musica jazz. Aveva un repertorio immenso, che interpretava in modo poetico e personale, che comprendeva anche molti brani italiani che lui già eseguiva prima che scoppiasse la MODA di interpretarli in chiave jazz. Insomma, una persona sempre elegante e mai pesante, UNICO.

 

Anche tu hai conosciuto il maestro Sellani e subito tra voi è nata un’intesa. E’ così?

VDSi!!! L’ho conosciuto quest’anno a Napoli 3 o 4 mesi prima della sua scomparsa. Dopo un suo concerto, me l’hanno presentato. Seduto al tavolo durante una pausa mi fa: “Forza, fammi sentire qualcosa…” Dopo la mia esibizione mi raggiunse al pianoforte e mi diede molti consigli facendomi ascoltare i suoi brani preferiti, tra cui “Autoritratto”. Ci salutammo con un promessa, che avremmo fatto un concerto a Napoli per due pianoforti, ma poi è successo quello che è successo.

 

Qual è la tua opinione su Danise musicista? Cosa apprezzi di lui? E quali consigli ti senti di dargli?

MMDanise è un pianista versatile che sa trasmettere emozioni quando suona, questo è fondamentale per me al di là del saper suonare a menadito un certo “stile”anziché un altro… Gli consiglio semplicemente di non rinunciare alla sua personalità, ma di coltivarla, continuando anche a studiare i “classici” del jazz, ma solo per poter sempre meglio esprimere le sue peculiarità…

 

Conosci il suo progetto Danise on the road? Che ne pensi?

MMCerto, lo conosco e lo apprezzo ma di questo lascio che ne parli lui …. 😉

 

 

Come nasce Danise on the road? Qual è la filosofia che ispira questo progetto?

VDL’idea di questo progetto che si chiama “Danise on the road – Questa è la Napoli che voglio!” Nasce dall’esigenza di ridare all’arte, e in particolar modo alla musica, la dignità che merita e che purtroppo ha perso in questa società troppo impegnata a dare importanza a cose futili. Essendo la musica partenopea, così come il Jazz, una musica che non ha classi sociali, né necessità di palchi particolari e che molto spesso allontanano il pubblico dall’artista, non c’è miglior modo che suonare nelle piazze che sono di tutti, permettendo, così, un avvicinamento del popolo all’arte.

 

Questo non è l’unico tuo progetto originale. Anche “Immaginando un Trio” nasce seguendo un percorso non proprio ortodosso. In quel caso da solo hai “interpretato” i ruoli di pianista, batterista e contrabbassista.

VDE’ vero… C’è sempre stata la passione per la batteria e per il basso, e da solo ho studiato un po’ i due strumenti, più che altro per capirci qualcosa e provare a mettermi nei panni del batterista e il bassista che mi accompagnano. E’ sempre bene vedere/sentire la musica da un altro punto di vista. E per un anno intero di ricerca ho immaginato come potesse suonare un trio, e così è stato. “L’immaginazione vale più della conoscenza.” (cit. Eistein)

 

Che legame hai con Napoli? A parte le tue bacchette Made in Naples… Ci hai suonato spesso? e con chi?

MMBeh mio padre è nato a Napoli, quindi… ma a parte questo ho sempre apprezzato molti aspetti artistici e sociali della cultura partenopea. Ho suonato più volte in questa meravigliosa città, con Danise stesso e con varie altre formazioni, ma il ricordo della bellezza del posto spesso mi fa poi dimenticare quale sia stata la formazione specifica con cui ci sono stato!

 

La tua musica risente molto della cultura napoletana. Non solo per la tua conoscenza dei classici (napoletani, in questo caso), ma anche per come la cosiddetta napoletanità, quella positiva, ispira e condiziona il tuo modo di comporre. E’ così?

VDMa non è un vero e proprio condizionamento, è un modo naturale di comporre quello che sono, quello che sento e quello che vivo quotidianamente. Sono nato e cresciuto nel quartiere di Mario Merola e, come diceva Totò, “ho detto tutto!!!”

 

Negli ultimi anni il jazz italiano ha acquistato grande credibilità anche all’estero. Sono aumentate le collaborazioni con artisti internazionali. Ma vi è l’impressione che il jazz (anzi, se è per questo la musica in generale) non sia visto come un patrimonio culturale da difendere e da incentivare. Tutto è lasciato all’iniziativa dei singoli e degli appassionati. Che mi puoi dire su questo? I tuoi amici stranieri come vedono la nostra musica (jazz)?

MMIn Italia sicuramente viviamo momenti difficili per tutto ciò che è cultura, il ruolo del musicista fatica a trovare appoggio e strutture adeguate in questa nazione, al solito poi il talento di alcuni varca comunque i nostri confini meritandosi un certo rispetto e riconoscimento. Io mi ritengo privilegiato avendo conquistato la stima di non pochi solisti internazionali pur muovendomi relativamente di rado dall’Italia.

 

Quali invece le tue impressioni? Vale la pena restare o meglio spostarsi altrove?

VDVale la pena spostarsi, ma per poi ritornare e combattere gli stereotipi che creano pregiudizi verso il popolo napoletano. Napoli è diventato un BRAND!!! Ancora oggi Napoli è fonte di guadagno per i media e per i “pennivendoli”. Parlare male di Napoli porta guadagno. Vedi film o fiction come “Gomorra”, una vergogna per la nostra Napoli e il nostro paese. Il buon caro Saviano è diventato famoso. Personalmente ho girato un po’ il mondo dimostrando che a Napoli (23esimo posto come città più pericolosa) non esiste solo la Camorra, ma persone oneste e affidabili, anche se sono nate in quartieri popolari come è quello dove sono nato io, che adesso sono un riscatto per loro e per me.

 

Considerata la tua attività di didatta tra le tue mani (meglio sarebbe dire nelle tue orecchie) passa la musica di tanti promettenti musicisti. Quali sono i giovani più interessanti tra le nuove leve del jazz italiano e di chi sentiremo sicuramente parlare nei prossimi anni (batteristi e non)?

MMI giovani promettenti sono così numerosi che di certo farei torto a qualcuno menzionandone solo alcuni! Stesso discorso per i batteristi… quindi mi si perdonerà se mi limiterò a notare che alcuni dei più meritevoli hanno già trovato visibilità all’interno di formazioni capitanate da leader di nome , uno fra tutti Giulio Carmassi, in tour con Pat Metheny… quindi auguro la stessa possibilità a coloro che ancora non hanno questa esposizione.

 

Quali sono i musicisti a cui siete più legati in questo momento? E quali progetti bollono in pentola?

MMI progetti principali in cui sono coinvolto, oltre il trio con Danise, sono il Trio e Quartetto del sassofonista Felice Clemente, l’Organ combo del barese Vito Di Modugno, la Colours Jazz Orchestra del trombonista Massimo Morganti, due quintetti in cui è presente il trombettista Giacomo Uncini, un quartetto con Daniele Di Gregorio, vibrafono, come co-leader, ed un mio Trio con Domingo Muzietti (chitarra) e Max Giovannini (basso), il quintetto di Gianluca Esposito (sax), l’ensemble Orchestra Contemporanea di Toni Fidanza più alcune collaborazioni con vocalist come Kelly Joyce ed Awa Ly ed altro ancora.

VDIn realtà sono legato alla musica più che ai musicisti e devo dire che la collaborazione musicale con Massimo mi arricchisce e mi solidifica sempre di più. Prossimo progetto è un videoclip basato sull’interazione, che tocca il tema di forme d’arte oppresse dal potere, come la musica alternativa che proponiamo noi JAZZISTI e non solo. Tutto nasce da una mia composizione ispiratami da una di queste espressioni artistiche (per ora non posso rivelarvi nulla nei dettagli per motivi di produzione) e che ho condiviso con dei ragazzi napoletani fantastici come Amedeo Junod, Nicola Sarnataro, Carlo e Antonio Corteccia. Poi i progetti che vorrei portare a compimento sono tanti, ma se abbiamo al governo politici come Franceschini o come quelli che finanziano il film di una show girl argentina con 200.000 euro pubblici e nella commissione musicale di Sanremo è contemplato un impiegato della musica contestato anche da Uto Ughi… sarà difficile realizzarli tutti. Ma, da buon guerriero, troverò le persone giuste al momento giusto, basta aspettare e crederci.

 

Ultima domanda, Massimo! Sei uno dei più assidui frequentatori di Umbria Jazz. I tuoi fan potranno ascoltarti tra poche settimane a Orvieto?

MMDiciamo che “era” assidua la mia partecipazione alla rassegna umbra… specialmente col trio di Sellani. Poi anni fa “qualcuno” decise discutibilmente di includere il sottoscritto in una serie di TAGLI di spesa, smembrando forzatamente il trio consolidato. Non mi vedrete, quindi, ad Orvieto, nemmeno nella serata in memoria di Renato e questo lo giudico abbastanza grave e poco rispettoso per quanto facemmo per questa rassegna, ma del resto i “capi” non si sono mai fatti troppi scrupoli nel trattamento riservato ai musicisti nazionali, portando un certo rispetto solo ad alcuni “soliti noti”…