Zlatko Kaucic

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Al confine tra Italia e Slovenia vive il batterista e percussionista Zlatko Kaucic, improvvisatore e instancabile sperimentatore. E’ uno di quei “silenziosi” protagonisti della scena jazzistica mondiale che con passione e professionalita’ hanno portato il jazz in giro per il mondo, suonando con i piu’ grandi. SoundContest l’ha intervistato partendo proprio dalle sue origini e dai suoi affascinanti viaggi.



SoundContest: Qual e’ la tua storia? Come ti sei avvicinato al jazz nella tua terra, la Slovenia, e quali sono le tue origini?


Zlatko Kaucic: Devo l’amore per la musica inizialmente al rock. Ho cominciato prestissimo ad amare Jimi Hendrix e gruppi di hard rock, come i Led Zeppelin. A quei tempi, nella Jugoslavia di Tito, era complicatissimo trovare dischi. Il mio primo LP fu proprio uno dei Led Zeppelin, acquistato con i soldi che ricevevo dai miei genitori ogni mattina prima di andare a scuola, a Nova Gorica, e destinati al mio pranzo. Poi fu la volta di Jimi Hendrix.
La mia prima batteria, invece, l’ho costruita con i cartoni di Dash e Dixan, che mia madre comprava in Italia.


SC: Hai viaggiato molto e imparato tanto dai tuoi viaggi. Dove sei stato e con chi hai suonato? E cosa ti ha spinto a tornare a “casa”?


Z.K.: Avevo appena compiuto 17 anni quando, ad un concerto dell’irlandese chitarrista blues Rory Gallagher a Trieste, mi si avvicino’ una persona che stava cercando un batterista per un gruppo di Udine. Questa esperienza fece di me un professionista. Dopodiche’ mi spostai a Zurigo, dove venni in contatto con la Swiss Musicians’ Cooperative (Irene Schweitzer, Radu Malfatti, Dusko Goykovich, Allen Blairman). Cosi’ feci la conoscenza del jazz, da Parker a Ayler e Taylor.
La mia meta successiva fu, nel 1976, Barcellona, dopo la morte del generale Franco. Siccome con il mio passaporto jugoslavo non sarei mai riuscito ad entrare in Spagna, fui portato da un amico nel bagagliaio della sua auto. Per 6 anni ho conosciuto Spagna e Portogallo, suonando con Tete Montoliu, Paul Stocker, Eric Peter, Claude Guilot, John Lewis, Steve Lacy, Kenny Wheeler, Michael Garick, Mike Osborne, un musicista fantastico. Tanti altri musicisti li ho conosciuti al “Tres Tristes Tigres” di Valencia, dove rimasi per un lungo ingaggio suonando dal mainstream al free. Ogni tanto scappavo a Lisbona, dove suonavo con Rao Kyao, Ze Eduardo, Antonio Pinho Vargas.
A Barcellona, oltre ad insegnare presso la scuola di musica “Taller de Musicos”, lavorai con Dave Schnitter, Chuck Israel, Ron McLure. Sono stati anni davvero molto “creativi”.
Poi conobbi Paul Stocker, che mi porto’ con se’ in Olanda. Qui ho cominciato a spaziare in ambiti diversi, dal teatro alla danza. I miei nuovi riferimenti diventarono Misha Mandelberg, Sean Bergin, Michael Moore e tutti i musicisti che giravano intorno al “Bimhuis” di Amsterdam.
Dopo altre esperienze in Belgio, Germania, Stati Uniti, nel 1992 decisi di ritornare “a casa” e rimanere accanto a mia madre, dopo 25 anni in giro per il mondo.


SC: In “The Golden Boat” sei partito dai versi di Srecko Kosovel. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo progetto? Cosa ti ha ispirato? E qual e’ l’architettura del disco?


Z.K.: Il poeta Srecko Kosovel abitava poco distante da casa mia e conobbi presto le sue poesie, geniali e visionarie. Lui secondo me era un vero genio, capace di toccare vette altissime in soli 4 anni. Mori’ giovanissimo, appena ventiduenne, nel 1926. Gia’ quando abitavo ad Amsterdam cominciai a pensare come poter mettere in musica i suoi versi. “The Golden Boat” prende il titolo da un libro di poesie che Kosovel avrebbe voluto scrivere e cosi’ intitolare. Ma non fece in tempo. Nel disco ho cercato di rendere in musica la sua visionarieta’, il suo modo di partire da versi cantabili per poi stravolgerli e “deformarli”.


SC: Come mai hai sentito il bisogno di dedicare a questo poeta un altro disco (“The Golden Boat 2“)? Quanto ti e’ mancato Steve Lacy in “The Golden Boat 2“? E come si sono inseriti i “nuovi” Emanuele Cisi e Ares Tavolazzi?


Z.K.: Nel primo doppio “The Golden Boat” chiamai Steve Lacy e Paul McCandless. Ero attirato dall’idea di mettere accanto due mondi cosi’ diversi. A Steve piaceva molto questa combinazione, con il coro di tenori e bassi. Nel 2004 chiamai l’organizzatore del festival di Lent chiedendogli di poter suonare “The Golden Boat” con l’orchestra sinfonica di Maribor. Il mio amico Bruno Cesselli scrisse tutti gli arrangiamenti. Purtroppo, nel frattempo, Steve Lacy si ammalo’. Mori’ esattamente un mese prima della registrazione di “The Golden Boat 2“. Il disco e’ dedicato a lui, oltre che al poeta Kosovel. Conobbi Steve a Barcellona, con il quale suonai per molto tempo in trio con Ze Eduardo. Musicisti come lui ne nascono ogni cento anni, un vero amico, dolce, sempre vicino a darti tanti stimoli.
Conosco Ares Tavolazzi da oltre 20 anni, mentre Emanuele Cisi da qualche anno. Li stimo molto, oltre che come musicisti, come uomini. Sapevo che si sarebbero inseriti benissimo nel mio progetto e non posso che essere contento del loro apporto.


SC: Come e’ cambiato il tuo modo di intendere la musica da “Round Trip” (in cui eri solo) al piu’ orchestrale “The Golden Boat” e fino al nuovo solo “Pav“?


Z.K.: Ogni disco e’ una storia a se’. E’ importante essere aperti, essere capaci di ascoltare, di lasciarsi stimolare. E di prendere tutto quello che la grande cultura musicale europea puo’ darti. Il jazz stesso e’ una musica senza confini, che puo’ legarsi benissimo alle radici culturali di qualsiasi musicista.


SC: Com’e’ il panorama jazzistico attuale dalle tue parti? E come consideri la scena italiana?


Z.K.: Dalle mie parti ci sono numerosi musicisti che provengono dalle scuole austriache (Vienna, Linz), che secondo me sono troppo “accademici”. Ma ci sono anche giovani interessantissimi come Samo Salamon, Igor Bezget o la big band della RTV Slovenia.
Il jazz italiano sta conoscendo un periodo di grande splendore, anche se i media ne parlano poco. Lavoro spesso con Gianluigi Trovesi, Paolino Dalla Porta, Emanuele Cisi, e ho suonato
con Rava, Fresu e tanti altri.


SC: In quali progetti live sei occupato attualmente?


Z.K.: E’ da poco uscito il mio ultimo lavoro “Pav“. E presto uscira’ un disco con Peter Brotzman dal titolo “Tolminski Punt“. Per la fine del 2006 e’ prevista l’uscita di “Cerkno” con Javier Girotto e Paolino Dalla Porta. Mentre il 28 giugno parte il progetto “Vizjonarja“, musica composta per Steve Lacy con la moglie Irene Aebi.



Links:
Zlatko Kaucic:
www.kaucic-zk.si

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