Torno dagli anni ’90

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Parliamo di una delle più belle voci della canzone pop d’autore italiana… forse un nome che ai più non risulta ma trovo che sia un grande artista che ha raccolto meno luce di quella che sinceramente meritava. Lo abbiamo conosciuto con i Tazenda ma non solo… lunga carriera e un curriculum che passa anche per i cartoni animati dei bambini. Beppe Dettori torna in scena oggi con un disco dal titolo “@90” che teletrasporta direttamente dal 1998, quando venne scritto e prodotto con Giorgio Secco. Ibernato, messo in un cassetto, pubblicato soltanto oggi: una testimonianza interessante su quanto i suoni del tempo siano ancora attuali, di quel tempo quando la musica era potente anche quando sussurrata. Canzoni d’amore, canzoni pulite, canzoni di quel pop rotondo e per niente invadente, limpido, sincero, tracce di rock e di rabbia, tracce di America da cui chiedevamo in prestito tantissime cose. Ed è previsto per il 27 settembre il lancio del secondo singolo estratto dal titolo “Mente passa”, forse uno dei momenti più intimi e personali del cantautore sardo. Ma ad ora ci godiamo ancora il video ufficiale del primo singolo che è l’unico omaggio che c’è nel lavoro: “Monnalisa”, scritto tutto attaccato (e poi ci spiegherà perché…), omaggio ovviamente dedicato ad Ivan Graziani che ci lasciava proprio qualche anno prima di quel 1998.

 

 

 

Partiamo da “Monnalisa”. Perché tutto unito questo nome? Il brano di Ivan Graziani era diviso se non erro… questa cosa mi ha colpito…

Sì, diviso, Monna Lisa, madonna Lisa, signora Lisa… Monnalisa, invece in primis per diversificare dall’originale di Ivan Graziani e poi mi piaceva dare l’idea di Entità unica nominale, quindi senza “titolo” prima del nome,: tipo MariaPia… MariaLisa… MonnaLisa.

Restando sul tema: Ivan Graziani che ci lasciava in quel tempo… la canzone d’autore in realtà iniziava a lasciare le abitudini della gente… che periodo era?

Posso dire che Ivan mi colpì molto, specialmente con Monna Lisa per la sua struttura blues, ma con contenuti di canzone d’autore…mi ricordava il primo Battisti, di Insieme a te sto bene, o, Il tempo di morire, o Dio mio no… Quindi si cercava di contaminare con più stili la canzone d’autore…Vedi Vasco con il rock e le chitarre distorte o dopo ancora Ligabue con puntate verso il Boss e gli U2.

 

E Beppe Dettori come lo ha vissuto? Cioè, in altre parole: come e perché nasceva un disco come questo?

Nasceva con quell’entusiasmo di innovazione e sperimentazione che poi ha accompagnato un po’ tutte le mie scelte artistiche. Con FELICITA’ e umiltà.

 

E che titolo avevate pensato di dargli al tempo?

Non ci avevamo pensato… mi ricordo che non ci veniva in mente niente e ci stavamo per orientare sul banale “beppe dettori”.

Ecco questo è un bel tema assai profondo. “@90” se vogliamo è un titolo scelto oggi per dare subito un messaggio chiaro del disco. Ma a leggerlo bene, spiega subito al pubblico l’estetica del disco, la sua ragione e la sua genesi… ma, a mio modo di vedere, non si lega con il messaggio e con l’arte che custodisce. Ecco un segno dei tempi: il pubblico ha bisogno di rapide spiegazioni più che di percorsi farraginosi per approfondire i discorsi…

Mi sembra di capire che oggi abbiamo avuto un vantaggio in più rispetto al ‘99… la consapevolezza di aver fatto un disco onesto e potente e che avrebbe meritato, allora, di uscire sul mercato quando ancora si vendevano i dischi. Interlocutori sbagliati e presuntuosi non ci aiutarono a sviluppare la nostra immaturità e visione di ciò che avevamo fatto, basandoci sulle nostre emozioni e gusti musicali. Oggi “@90” dà il senso metaforico di quello che girava alla fine degli anni ’90. Amore spasmodico per la musica, perdita totale del senso del tempo (che non esiste), tanto entusiasmo e voglia di dire e manifestare la propria idea artistica. Il pubblico… oggi avrebbe il diritto di riappropriarsi della bellezza e dell’emozione che scaturisce dalla musica ascoltata e suonata fino ad arrivare a lacrime di benessere emozionale.

Inglese o italiano? O magari il dialetto sardo?

Ogni linguaggio, qualunque lingua o dialetto, o lemmo, è patrimonio culturale, Lingua principale o minoritaria che sia. Pertanto, l’emissione vocale produce un suono che cambia a seconda del linguaggio usato. Poi aggiungi la base strumentale armonica e melodica e accade il miracolo che ancora oggi non mi stanca di stupirmi.

 

A riascoltarlo oggi: che sensazioni provi?

Mi fa stare bene.