SANANDA MAITREYA: la rinascita di un angelo nero

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Avrete sentito certo parlare poco di Sananda Maitreya. E in futuro certo la cosa non cambiera’. È cosi’, infatti, da quando Terence Trent d’Arby ha deciso di abdicare a favore di Sananda, rinunciando alla fama (leggi: al vile denaro) per la liberta’ totale d’espressione.
Il concerto di Sananda al Bluestone e’ l’occasione per riflettere sul senso della vita, della musica, quella vera, costantemente ricercata dal nostro in radicale contrasto con quella “costruita” dalle case discografiche.
La sua vita starebbe bene in un film. Musicista precoce, boxer, giornalista, militare nell’esercito americano, diserta per inseguire la musica. Il suo primo album e’ un successo senza precedenti e si inserisce nello spazio stilistico lasciato libero dai “mostri sacri” della musica nera (Prince, Micheal Jackson, Steve Wonder), riprendendo la vocalita’ che fu di Sam Cooke.
Poi comincia la sua personale ricerca intorno alla musica e alle sue proprieta’, al suo valore e significato nella vita di ogni individuo. Rinuncia a quello che era, cambia nome, abitudini, stili di vita in nome del Post Millennium Rock, una musica talmente pura da servire spirito, anima e cuore. Da suscitare vibrazioni tali da innalzare l’individuo a tal punto da risultare quasi “curativa”. Con buona pace dei medici giapponesi che usano la musica e le sonorita’ perseguite da Sananda per stimolare i pazienti in coma.


Gli artisti come angeli da proteggere, dunque, inviati sulla terra per il progresso dell’umanita’. E pertanto necessariamente liberi da ogni terreno condizionamento. A cominciare da quello delle case discografiche, che vogliono imporre schemi comuni, sonorita’ create ad hoc per rendere schiavi, idoli da spremere per il profitto economico. Sananda autoproduce la sua musica e utilizza il web per distribuirla. Musica liquida dunque, per lo piu’ scritta, prodotta, arrangiata e suonata unicamente da lui, capace di alternarsi ai vari strumenti.
Come nell’ultimo “Nigor Mortis”, presentato al Bluestone, che rappresenta la rinascita di Terence, dal rigor mortis al vigor mortis. Il disco contiene 23 tracce che dimostrano quanto ancora ha da dare questo musicista. Tracce non d’impatto immediato, certo. E’ un rock non edulcorato, naturale, quasi originale, che accomuna i brani rendendoli apparentemente simili. Solo ascolti successivi gli rendono ragione, le melodie e i riff cominciano a penetrare in profondita’ e a sedimentare, lasciando il segno oltre la piu’ immediata “O lovely Gwenita”, che un pò rimanda all’hit piu’ recente “O Divina”.


E con “O Divina” si chiude il concerto napoletano, in cui Sananda si fa accompagnare da The Nudge Nudge, alias Enea Bardi al basso e Nik Taccori alla batteria, alternandosi al piano e alla chitarra. Attinge copiosamente al progetto “Angels eamp; Vampires” la maggior parte delle composizioni (23 brani in tutto anche nel concerto, che sia un numero simbolico anche questo?), completando la performance con pezzi da “Nigor Mortis” (“Free me” e “This town” su tutte). Quasi a voler ribadire che piu’ indietro non vale la pena andare. Complice un’acustica non delle migliori, le esecuzioni sembrano non brillare, non avere l’incisivita’ dimostrata in studio o forse richiederebbero solo un ascolto piu’ attento. Ma il fascino del personaggio, quello si’, resta pressoche’ intatto.



BLUESTONE – Napoli, 24 febbraio 2010
Sananda Maitreya, voce, piano, chiatarra
Enea Bardi, basso
Nik Taccori, batteria

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